domenica 27 novembre 2016

Isaia 2,1-5 / Salmo 121 / Romani 13,11-14 / Matteo 24,37-44
Un arrivo improvviso ... ma atteso!

Uno sguardo preoccupato, ma forse è lo sguardo di molti cristiani, vedrebbe la venuta del figlio dell'uomo come una catastrofe, una sciagura.
Gesù non vuole suscitare la nostra paura circa l'attesa, ma metterci in guardia da noi stessi e dalla nostra durezza di cuore e ottusità.
Una visione cristiana della venuta del figlio dell'uomo è cogliere nella improvvisa sua venuta il compiersi di una attesa buona, desiderata, positiva.
Una attesa buona: come quella di noi cristiani che impieghiamo questi 60,70,80 anni, cioè lo spazio della vita, per riempirli di bene, di gioia, di ricerca di verità. 
Saper attendere è realmente fare fruttare,  in quel tempo, la moneta d'oro ricevuta; usare il tempo affinché la nostra vita sia ricca di opere buone, di frutti. I credenti che disattendono ai loro frutti, non attendono più nessuno, se non la loro inevitabile morte.
Una attesa desiderata: "Vieni signore Gesù, Marana tha", è quella del cristiano innamorato, come l'attesa del giovane che che, sotto casa, in macchina aspetta l'arrivo della fidanzata ... Proviamo a fare memoria ... quanti sguardi allo specchio, quante frasi ripassate, quanti cambi di abbigliamento ... Il desiderio di Dio si coltiva con tanti atteggiamenti e cura dei particolari che sono parte della nostra vita, al di fuori non si coltiva nulla ... Se non l'indifferenza.
Una attesa positiva: noi abbiamo bisogno che Dio in Gesù ci si accusati, si faccia nostro compagno e che assuma le sembianze e "l'immagine e somiglianza" dei piccoli, dei poveri, degli abbandonati. Ne abbiamo bisogno perché solo così riconosceremo l'atteso!

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