sabato 1 luglio 2017

Genesi 18,1-15 e Matteo 8,5-17
"Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie".


Per Abramo la mancanza di discendenza è un problema tale che egli stesso si adopera per risolverlo attraverso l'adozione di un suo servo; anche la stessa Sara cercherà di dare attraverso la sua schiava un figlio al marito. All'interno di questo dramma esistenziale irrisolto, si colloca la presenza di Yhwh. La sua visita alle querce di Mambre rappresenta la rivelazione della "gloria", "kabod e Shekinà". La vita dell'uomo è anche lo spazio dell'agire di Dio. Le sue promesse costituiscono il contenuto del patto; la fragilità della fede espressa nel sorridere di Abramo e di Sara trova uno spazio di  concretezza di realizzazione: il figlio Isacco, nome che significa "egli ride". Non è possibile separare nell'esistenza, l'opera del creatore - in tutta l'autonomia delle creature - dal creatore stesso. Il segno del pasto che Abramo fa preparare, non esprime solo il gesto dell'ospitalità semitica, ma ci introduce in una accoglienza di cui siamo parte attiva, ci introduce in una comunione per cui le "nostre cose" appartengono a Dio. Nella linea di questo coinvolgimento, il brano di Vangelo, ci prospetta la profezia di Isaia come motivazione per la rivelazione di Gesù, nel segno (miracolo di guarigione) e nella fede, l'umanità e il creatore trovano unità/comunione.

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