venerdì 18 marzo 2022

Quel Figlio unico … donato

Geremia 37,3-4.12-13.17-28 e Matteo 21,33-43.45


Ogni parabola segue la logica della narrazione, e in questo processo veniamo condotti all’estremo della rivelazione di Dio.
Occorre sempre fare attenzione al contesto nel quale la parabola è stata detta da Gesù e anche alla diversità di situazione in cui oggi viene proclamata. Il rischio è una rigidità nella comprensione e nell’interpretazione. Le immagini descrivono la determinazione dell’elezione di Israele, come anche la cura premurosa della vigna esprime la pazienza di Dio. Tutto si confronta con la custodia ripetuta nelle vicende avverse fino a manifestare un gesto estremo di amorevolezza nel donare il proprio Figlio.
Perché a fronte di tanto amore, come è possibile tanto disprezzo e calcolo meschino?
Eppure questa è la condizione umana, la possibilità che si determina nell’esercizio della libertà: rifiutare il dono dì un amore grande e senza condizioni, determinando la propria auto condanna.
Il dramma che Gesù descrive nella parabola supera la storicità di quegli eventi ponendoci tutti quanti di fronte alla responsabilità che la predilezione di Dio genera in noi. Siamo infatti custodi di una parola, di una elezione che richiede corresponsabilità per il dono ricevuto e verità nel dare un frutto atteso di amore. Sarà solo la nostra negligenza, a privarci della grazia di vivere e agire per il regno dei cieli. A noi aggi è chiesto di nuovo di accogliere il dono del Figlio unico, e per lui fare una scelta di amore e non di superbia.
A noi è chiesto di non cadere nella logica e tentazione dello scarto, per essere adeguati al dono di amore ricevuto.

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