domenica 28 agosto 2016

Siracide 3,19-21.30-31 / Salmo 67 / Ebrei 12,18-19.22-24 / Luca 14,1.7-14
Chi inviteresti a pranzo da te?

Le parole usate da Gesù per descrivere questo pranzo ci imbarazzano, perché descrivono benissimo il nostro mondo e le sue logiche, tra le quali non trova spazio l'umiltà. Un mondo dove le relazioni si basano sul concetto di superiorità e su quello di convenienza. Ma purtroppo, questo accade anche nelle nostre comunità cristiane. Siamo ancora noi a fare delle differenze, ad applicare delle etichette, a scartare alcuni a favore di altri. Il pensiero di Gesù vuole azzerare una logica puramente umana e mondana per farci intuire come l'essere "sua Chiesa" rappresenti ben altro che un modo di esprimere un rito o una credenza, ma sia prima di tutto la condizione nuova in cui i discepoli si sentono fratelli e vivono realtà nuove secondo il Vangelo.
L'immagine del banchetto e della tavola è una finestra aperta sulla fraternitá. Dopo averli osservati tutti, Gesù, svela quali realtà nuove occorre mettere in atto. L'umiltà non è solo una virtù occasionale ma è un percorso per scoprire chi sono io e chi sono i miei fratelli, e come questi sono il senso e il gusto della mia vita. "Chi umilia sé stesso sarà esaltato"! Chi vive l'umiltà cerca i fratelli perché loro sono importanti, essi sono il "senso" della vita. Fratelli sono gli uomini e le donne che vivono sulla faccia della terra, tutti, anche quelli "poveri, storpi, zoppi, ciechi". Una fraternitá  che passa attraverso le esperienze quotidiane. I miei fratelli oggi sono i terremotati, i profughi, gli esiliati, i vicini di casa,  i parenti, i colleghi di lavoro, gli amici di parrocchia. Nella categoria dei fratelli scopro che la fraternità scuote l'albero della mia autosufficienza.
"Fratello e sorella sono parole che il cristianesimo ama molto. Gesù Cristo ha portato alla sua pienezza anche questa esperienza umana dell’essere tutti fratelli e sorelle, assumendola nell’amore trinitario e potenziandola così che vada ben oltre i legami di parentela e possa superare ogni muro di estraneità".
"È tra fratelli, poi, che si impara la convivenza umana, come si deve convivere in società, perché il legame di fraternità che si forma in famiglia tra i figli, se avviene in un clima di educazione all’apertura agli altri, è la grande scuola di libertà e di pace".
"Nel cuore di ogni uomo e di ogni donna alberga, infatti, il desiderio di una vita piena, alla quale appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare". (Papa Francesco)
La vera grandezza non si trova nella presunzione di contare o nel successo raggiunto a ogni costo, ma nella fraternità, questa dilata il desiderio di amare.

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