domenica 25 settembre 2022

L'abisso che ci separa

Am 6,1.4-7; Sal 145; 1 Tm 6, 11-16; Lc 16,19-31

Un povero e un ricco e in mezzo un abisso. Ecco oggi è questo che vorrei mettere davanti a noi, gli abissi: distanze sovrumane invalicabili o anche i muri che costruiamo gli uni di fronte agli altri.
Il povero Lazzaro è condannato da una profonda indigenza a vivere come uno scartato, un messo fuori ai margini, un intoccabile che non esiste, ... alla porta e nella compassione dei cani.
Il ricco è condannato da una grande ricchezza a vivere isolato, trincerato, asserragliato nella sua ricchezza senza poterla condividere, ma bramoso di custodirla per sé stesso, vive solo per, e con la ricchezza, incapace di uno sguardo che abbracci il mondo che gli permetta di andare oltre il suo piccolo mondo di privilegio
Bene la vita del povero e del ricco sono esperienza in cui si condanna un uomo a mettersi dietro un muro ... un muro di separazione, generato nella vita, che diviene un muro che è come un abisso, e alla lunga insuperabile.
È questa la triste esperienza che oggi giorno viviamo, immersi in questa globalizzazione che sembra aver tutto messo in comune, e avvicinato ma in realtà evidenzia proprio il "grande abisso” che giorno dopo giorno viene scavato tra le persone. Un mondo il nostro fatto di fossati che ci separano.
Questi muri sono il frutto delle nostre debolezze e delle nostre fragilità umane, dei limiti e delle inconsistenze.
A volte mi fermo a pensare a quel muro che tante volte ho visto e attraversato nei checkpoint ... il muro tra Israele e Palestina...
Visto da Israele è un muro di difesa, contro i terroristi arabo-islamici, un muro per proteggere cittadini inermi, e per garantire uno Stato nato nel sangue di uno sterminio, e che nel tempo è caduto più volte nella contraddizione della storia, dove chi è vittima si trasforma in carnefice.
Visto dalla Palestina, il muro è una ferita nel cuore di una terra che non deve essere divisa, è il segno di una oppressione pari a certi campi di concentramento già sperimentati più volte nella storia. È un muro di umiliazioni di tanti Palestinesi che per poter vivere devono ogni giorno andare al lavoro in Israele e sottoporsi a snervanti e continui controlli di identità per il semplice fatto di essere palestinesi. È un muro che divide arbitrariamente e che alimenta la divisione e inimicizia.
Chi costruisce muri, diviene sordo al lamento del povero, alla fragilità del fratello, lo scavalca ogni giorno come si fa con una pozzanghera. Il muro ci impedisce di fermarci, di chinarci l'uno verso l'altro e soprattutto di toccarci; il muro separa e rende invisibile la realtà dell'altro al punto da rendere ciechi gli occhi del cuore. Quanti invisibili nelle nostre parrocchie, nei nostri paesi!
L’abisso tra il povero Lazzaro e il ricco epulone è un muro che non fa esistere l'uno per l'altro; è un muro che genera dei rifiuti umani, delle nullità. Chi non accoglie l’altro, in realtà isola se stesso, è lui la prima vittima - in eterno - del “grande abisso”, dell’esclusione.
Per demolire i muri occorre vedere, commuoversi, scendere, toccare, verbi umanissimi, affinché la nostra terra sia abitata non dalla ferocia ma dalla tenerezza.
Non sono i miracoli a cambiare la nostra storia, non le apparizioni o segni miracolosi, la terra è già piena di miracoli, piena di profeti, dice il Signore: hanno i profeti, ascoltino quelli; hanno il Vangelo, lo ascoltino! Di più ancora: la terra è piena di povertà e di ricchezza, di poveri Lazzaro e di ricchi epuloni, ma ciò che forse ci sfugge è accorgerci che l’altro esiste», dell'altro ci è chiesto di averne cura. Solo così tutto sarà diverso.

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