giovedì 31 marzo 2016

Atti 3,11-26 e Luca 24,35-48
Misericordias Domini, in aeternum cantabo...

Apri loro la mente all'intelligenza delle scritture e li costituì testimoni, del risorto. In questa chiave di lettura possiamo avventurarci in una rilettura dell'evento Pasquale: cosa significa la presenza del Signore dopo la risurrezione?
Una conferma delle sue parole? Il compimento delle promesse? La rivincita su tanti delatori? L'incoraggiamento ai suoi discepoli sfiduciati e dal volto triste?
Una prima osservazione ci porta a dire che l'interesse del Risorto è relativo alla "carne": Lui non è un fantasma, una astrazione o una visione spirituale. La verità della sua carne, la concretezza della sua umanità è coinvolta nella risurrezione stessa. Questo permette di supporre che la risurrezione non è una semplice azione di Dio, dall'esterno, ma è un evento che trova origine nella vita e nell'esistere stesso del uomo Figlio di Dio.
La Scrittura come "Rivelazione" della salvezza che oggi possiamo tradurre come "la grande Misericordia di Dio", tutta si proietta nello svelare il "volto", l'identità del risorto. Esserne testimoni vuole dire essere misericordiosi e quindi vivere come il risorto, nella e della misericordia del Padre. Per il risorto la misericordia a a che fare con l'eternità e l'amore eterno; per noi ha a che fare con la sua declinazione nel tempo e quindi nella ripetitività dei momenti e degli eventi.

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