domenica 7 febbraio 2021

Essere i profeti desiderati e attesi.

2 Re 5,1-15 e Luca 4,24-30


Perché tanto sconcerto e sdegno a Nazareth? Forse perché erano state deluse le loro aspettative. Gesù stesso ci dice, fra le righe, quanta delusione di fronte alle sue parole e alla sua persona. Delusione per le sue parole che non sono rivolte esclusivamente a coloro, che si riconoscono gli eletti. Ma come al tempo di Elia, la Parola di Dio diviene vita per una vedova di Sarepta di Sidone - una donna pagana - così oggi la Parola sfugge agli eletti ... è come ci ricorda il papa nella "Fratelli tutti": "Il paradosso è che, a volte, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti" (FT n. 74).
Delusione per la sua persona, come la delusione dello stesso Naman, il comandante dell'esercito del re di Aram, che di fronte a Eliseo, rimane deluso per la "normalità del suo intervento" taumaturgico. Il profeta, uomo di Dio, ma soprattutto che il profeta che è in Israele, in quel popolo che il Signore ha scelto come segno per tutti i popoli.
Gesù riconosce nell'atteggiamento degli abitanti di Nazareth lo sdegno per la delusione; è una reazione sproporzionata che corrisponde alla loro fragilità: non sono i soli destinatari della parola di Yhwh. Essere una primizia non è un privilegio esclusivo, ma è anch'esso un dono di amore. Essere il popolo prescelto non per merito, ma per misericordia, permetterebbe di non cadere nella delusione ma di gioire della Parola, anche quando è profezia di salvezza per ogni uomo; permetterebbe di riconoscere come Dio è padre nella quotidianità dei piccoli segni, delle piccole attenzioni, della normale accoglienza; che chi è "privilegiato" è profeticamente chiamato a esercitare.

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