sabato 19 giugno 2021

La forza nella debolezza!

2 Corinzi 12,1-10 e Matteo 6,24-34


Di che cosa Paolo può vantarsi con umiltà? Di ciò che ha vissuto come dono, cioè della intima e particolare confidenza e rivelazione a cui il Signore lo ha chiamato. Anche per noi, il nostro vero vanto, non sono le glorie che derivano dalle nostre capacità, ma semplicemente, riconoscere e porre al centro della nostra vita credente, e non solo, quell'intima presenza del Signore che ci accompagna, ci costudisce e ci precede nella vita. Quella presenza che ci rende forti nelle prove, ci rinfranca nella fatica e ci cura nella fragilità. Come per Paolo il nostro vanto non può e non deve essere che il Signore.
Ecco allora che la fragilità e la debolezza, divengono lo spazio di rivelazione del mistero di Cristo in noi. Ecco, questo dobbiamo capire: non solo per Paolo, è data l'esperienza di essere rapito al terzo cielo, di essere rapito in paradiso; anche a tutti noi, a ciascuno secondo la propria capacità e possibilità, è dato di incontrare nell'intimità della propria natura umana il Cristo di Dio. Anche noi incontriamo Gesù nella fragilità di noi stessi, in quello spazio aperto dalla "spina nella carne",  che diviene come per Giobbe (a satana è permesso di metterlo alla prova), lo spazio della prova della fedeltà all'amore di Dio, ricevuto e vissuto nell'amicizia con Cristo. Quando la deolezza e la fragilità la viviamo con umiltà e abbandono al mistero dell'amore di Dio, abbiamo maturato il vertice della spiritualità di Paolo: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Questo non rappresenta una giustificazione morale alla fragilità, ma è lo spazio della integrazione umana delle ferite che questa nostra natura porta con se nel cammino della esistenza nel tempo, in attesa del compimento nel paradiso. Sia gloria a Dio, per l'amore che ha per noi, in Cristo!

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