giovedì 16 luglio 2015

Esodo 3,13-20 e Matteo 11,28-30
Tra memoria e fedeltà


Erano 400 anni che Dio non si faceva più sentire, erano 400 anni di schiavitù e di silenzio quando Mosè si sente chiamare dal roveto e quella voce fa irruzione in lui mettendo a soqquadro ogni suo tentativo di ricostruirsi una vita, una identità.
Mosè, primo tra tutti i suoi fratelli fa ancora una volta l'esperienza della unicità ed esclusività di Yhwh; non basta un Dio qualsiasi, uno tra i tanti... non un Dio nuovo di cui accontentarsi. Questo Dio va subito a legarsi alle vicende del popolo di Israele. Egli si ripone al centro di una storia vecchia oltre 15 secoli. Tutti quegli anni non sono semplice attesa, Yhwh si manifesta mettendo in relazione la condizione di attuale esistenza con la rivelazione fatta ad Abramo, ad Isacco e Giacobbe. Dio esiste per il suo popolo, ma esiste attraverso quella storia iniziata con Abramo.
Questo Dio ha una strana ripetitività: scendere nell'umano per vedere e condividere - "Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto" -; è solo questo Dio che può continuare per sempre a dirci: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro".

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