mercoledì 19 agosto 2015

Giudici 9,6-15 e Matteo 20,1-16a
Dà loro la paga ...


Se la "paga", la ricompensa è la vita eterna, come possiamo intuire da altri discorsi e dalle parabole del regno dei cieli, allora crollano tutte le regole economiche circa il merito per l'agire nel regno. Lavorare per il regno dei cieli non è una occupazione, sperare nella vita eterna non è una retribuzione. Lavorare nel regno è un agire rispetto alla chiamata: ogni giorno e ogni ora; sempre siamo chiamati a scegliere il regno dei cieli come spazio della nostra vita. Agire secondo il regno ci preserva dalla pigrizia e dall'ozio, dall'inerzia della vita cristiana, dall'accidia e l'indifferenza. Il discepolo di Gesù, il cristiano è ontologicamente ordinato al regno dei cieli; diversamente è una disobbedienza pari a quella del maligno rispetto al "bene" della Genesi. Non vivere in condiscendenza della chiamata al regno dei cieli è quindi una condizione disastrosa. Nell'agire per il regno, si genera quella unica ricompensa che è il bene comune per tutti, rispetto al quale possono sorgere delle pretese, quindi non il bene in comune, ma quel bene esistenziale che è il fine comune e compimento per tutti: la vita eterna. Una bella paga!

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