mercoledì 12 agosto 2015

Deuteronomio 34,1-12 e Matteo 18,15-20
Domande e preghiere inevase ...


Siamo fatti così, preghiamo, chiediamo anche "due insieme" e ci arrovelliamo nello sdegno di chi non è stato esaudito. Se ci fosse un ufficio reclami nel regno dei cieli, ci sarebbe anche la nostra protesta. Non è un peccato ammettere che il nostro pregare è conseguenza dei desideri e delle necessità, degli stati d'animo e delle nostre fragilità. Lì dove possiamo, nulla chiediamo; dove ci areniamo, ci disperiamo e preghiamo.
Conviene ora rivisitare la figura di Mosè: la sua preghiera è, aver custodito il "faccia a faccia con Dio" in un modo esclusivo al punto che quel rapporto di amicizia-fedeltà è in se stesso unico. Questo non toglie a Mosè l'esperienza del morire e di non entrare nella Terra Promessa se non con lo sguardo e la proiezione dei pensieri. Ma il morire di Mosè, servo-amico del Signore è in realtà, non un triste epilogo, ma un'ultima obbedienza, Mosè muore nell'obbedienza a Yhwh, in quell'ascolto intimo e profondo che è l'obbedienza, che piega ogni umana resistenza nell'affidarsi all'amore di Dio. Ogni preghiera per essere tale, non può essere solo richiesta, ma deve essere obbedienza ... Come quella di Mosè.

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