sabato 22 giugno 2019

2 Corinzi 12,1-10 e Matteo 6,24-34
Quando la debolezza è il punto di forza!

Quanto associamo all'idea di debolezza, lo stato di sofferenza fisica o impossibilità muscolare di fare qualcosa, di attivarsi per il raggiungimento di un fine. Esiste pure una debolezza, l'Astenia, che progressivamente accompagna il declino e il congedo dalla vita in certe patologie quali i tumori. La debolezza riempie lo spazio della fragilità umana ... fino a esserne l'unica rappresentazione. Sia il Vangelo di oggi che la vita di Paolo, invece, introducono la debolezza come esperienza, della vita di fede e del cammino spirituale. Nel Vangelo la debolezza traduce la fragilità circa l'appartenenza a Dio o alla ricchezza; la debolezza è condizione di fragilità ridetto alle preoccupazioni del quotidiano: "non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?" Di fronte alla nostra "debolezza" il Vangelo ci riporta a questa solida certezza: "Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta".
La nostra debolezza risiede proprio nel farci carico della preoccupazione del mondo! Io assocerei la debolezza a una sorta di sfiducia esistenziale, per mancanza di esperienza di amore di Cristo. Paolo nella sua vita è affondato nelle sue debolezze, e in tutte quelle vicende che la sua fragilità gli ha procurato; eppure proprio da quelle esperienze è evidente per lui la presenza forte e corroborante di Cristo. Ecco perché grida: "Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte".

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