giovedì 6 giugno 2019

Atti 22,30;23,6-11 e Giovanni 17,20-26
Coraggio! Dammi testimonianza!

Il capitolo 17 di Giovanni, progressivamente entra nel vivo dell'addio di Gesù; non solamente in una dimensione sentimentale e affettiva, ma nella percezione concreta dell'andare presso il Padre e soprattutto dell'essere stato mandato nel mondo.
È il mondo il punto di incontro tra il venire di Gesù, il suo ritornare al Padre e la testimonianza dei discepoli.
È il mondo nella sua complessa realtà (positiva e negativa) che si confronta con la venuta del foglio di Dio: "... e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me". Il mondo con fatica si sente amato da Dio, piuttosto si sente abbandonato, separato, scettico, disilluso. Neppure l'amore riversato da Gesù per il mondo sembra riuscito a convincere l'uomo della misericordia (gloria) del Padre: "E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità ....".
Questo mondo, amato dal Padre e amato attraverso Gesù; questo mondo nel quale Gesù è mandato, non è sto semplicemente il teatro di una rappresentazione divina della passione, morte e risurrezione. Questo mondo corrisponde alla pienezza e concretezza dell'amore nel suo esprimersi come esistente. L'invio di Gesù non è una aggiunta successiva, come il suo andare al Padre non ne è una sottrazione. Il mondo è realmente il "guazzebuglio", di libertà e negazione, di slancio e prigionia, di forza e debolezza di amore e desiderio, di passione ed esistenza, di vita e di morte. Sarebbe riduttivo descrivere e definire il mondo semplicemente come chi non accoglie, chi il Padre ha mandato. Ecco allora che il nostro essere con Gesù e di Gesù - come ogni suo discepolo - ci colloca in quella comunione: "perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi ..."  che da significato alla nostra testimonianza. Noi infatti riconosciamo di non essere testimoni semplicemente di parole o di fatto passati, ma di una esperienza reale di amore che riverbera in tutto ciò che esiste.

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