giovedì 1 agosto 2019

Esodo 40,16-38 e Matteo 13,47-53
Un regno di parabole ...

Certamente ogni immagine suscita nei discepoli suggestioni nuove e provoca la vita. Come è provocante e suggestiva l'immagine di una rete da pescatore che gettata nel mare raccoglie ogni genere di pesci? Da una parte infatti nella immedesimazione ci si può sentire parte di quel pescato, ci si può sentire pesci insieme agli altri, in una esperienza che unisce la pesca al "giudizio". La pesca, nella immagine parabolica ha una finalità immediata: la cernita dei pesci buoni e l'esclusione di quelli cattivi. Ma una lettura di questo genere tradisce una prevalente esigenza morale. Ma forse la maggiore provocazione è rivolta allo "scriba" che attraverso le parabole diviene discepolo del "regno dei cieli". Egli da "scriba", cioè esperto della Parola, diviene padrone di casa, amministratore (partecipa al mistero stesso del regno) di quel tesoro che ha in sé la novità del mistero e la pienezza della storia della salvezza.
Nello sguardo dello "scriba" la rete non è solo uno strumento, e neppure negativo, essa pone tutto ciò che è pescabile in una relazione di appartenenza e di comunione, che porta in sé (quando la rete è piena) il compimento, il momento in cui verranno gli angeli.
La nostra vita da discepolo, a chi appartiene? Siamo pesci pescati dalla rete, quali relazioni di appartenenza e comunione esprimiamo? In cosa manifestiamo l'essere pesci buoni o cattivi? La nostra trasformazione da scriba a padrone di casa, da "sapiente ed esperto" a responsabile e amministratore delle realtà del regno, in cosa si traduce?
Queste domande corrispondono alla domanda di Gesù, rivolta anche a cuscino di noi: "Avete capito queste parabole?"

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