martedì 27 agosto 2019

1 Tessalonicesi 2,1-8 e Matteo 23,23-26
Normalità dell'annuncio ...

Nella nostra ingenuità, pensiamo che l'annuncio del Vangelo sia stata una esperienza, che accompagnata dalla grazia, si traducesse in immediata adesione alla fede; dalle lettere di Paolo, si apprende che "dopo avere sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte.Da qui anche la dichiarazione circa la motivazione più spontanea e umana che soggiace alla predicazione del Vangelo: "affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari."
In realtà ciò che emerge dalle Lettere, è la normalità della vita come spazio e veicolo del Vangelo. Paolo nel momento in cui sceglie Gesù come suo Signore e si accorge di come solo Gesù sia pienezza per la sua vita, corrisponde totalmente al Vangelo come Parola da condividere ed annunciare. Non esiste più in lui una distanza tra vita e annuncio. Quella condizione, per cui Gesù denuncia i Farisei come ipocriti, come guide ceche che filtrano il moscerino ed ingoiano cammelli (... che bella immagine esplicita!) evidenzia la loro vita come lontana dalla verità, schiava della doppiezza e incapace di affascinare e avvicinare a Dio.
Annunciare non è insegnare cose che riguardano il divino; l'annuncio del Vangelo è prossimità di Dio attraverso l'esperienza della giustizia, della misericordia e della fedeltà.
Vivere ogni giorno scelte di giustizia; essere misericordiosi verso gli altri e restare saldi nella fede a Gesù, questo è Vangelo.

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