sabato 3 agosto 2019

L'evitico 25,1.8-17 e Matteo 14,1-12
Un evento dirompente in parole e testimonianza

Oggi nella narrazione del Vangelo di Matteo viene raccontato il martirio di Giovanni Battista; questo evento ha una chiave di lettura particolare: "I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù".
È Gesù il primo destinatario di questa narrazione. È a Gesù che viene portata la drammatica notizia della sorte di Giovanni, suo cugino. Gesù era già disceso a kafarnao, si era stabilito sul lago e percorreva le città e i villaggi intorno, completamente già immerso nell'annunciare il "regno dei cieli"; i racconti delle parabole del regno ci danno il senso del suo impegno del suo coinvolgimento.
Che cosa ha rappresentato per Gesù la tragica morte di Giovanni?
Suo cugino è morto in circostanze "torbide"; colui dal quale aveva ricevuto il battesimo, colui che lo aveva indicato come Agnello di Dio, Lui,  è rimasto fedele e coerente rispetto alle sue parole fino alla fine. É evidente un rapporto particolare tra parole annunciate e la vita. Una relazione potente circa la forza delle parole capaci di generare la testimonianza.
Per Gesù, le parole di Giovanni rappresentano il grido della libertà , della limpidezza e della coerenza, esse riflettono la verità di un uomo, essere si propongono a Gesù come appello alla responsabilità che ora Lui si assume per le sue Parole. Il Martirio di Giovanni passa di testimone, Gesù vive nell'esperienza del cugino il suo possibile destino. Eppure è proprio da questo momento che l'annuncio è regno diviene più forte e deciso.

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