domenica 16 gennaio 2022

Se ci manca la gioia?

Is 62,1-5; Sal 95; 1 Cor 12,4-11; Gv 2,1-11


È una immagine bella quella del Vangelo di Giovanni, una immagine che tutti possiamo comprendere e capire. Perché tutti abbiamo partecipato a festeggiamenti di nozze, di amici, parenti ecc... Le nozze sono una festa la cui unica espressione è la gioia.
Ciò che la festa fa emergere e garantire è la gioia di un momento della vita che consacra, in questo caso, l'amore tra un uomo e una donna, il segno più autentico e vero dell'amore di Dio per tutti noi.
Che cosa sarebbe stato la mancanza di vino se non la tristezza, la delusione la derisione, lo scoramento ... Sarebbe stato il segno più evidente del venir meno della gioia di celebrare quei due giovani sposi?
Gesù non si adatta alla situazione, non si mette a consolare cuori affranti, ma colma le coppe di vino buono!
Qualcuno potrebbe dire: "Ma perché sprecare la potenza di Dio per del vino, per una festa di nozze?"
Eppure l'evangelista Giovanni dice che questo è il primo dei segni; ma è quello attraverso il quale i suoi discepoli iniziarono a crede in lui.
Quella festa di nozze esprime la festa di Dio con l'umanità che ama e che ha creato e chiamato alla vita. Gesù pone in quel segno tutta la gioia che Dio vuole per ogni uomo e ogni donna, e nulla deve rovinare, ingrigire la relazione di amore tra Dio e la sua creatura prediletta.
Ecco allora che il vino - che biblicamente è il segno della gioia donata da Dio - nel suo essere abbondante, diviene il simbolo/segno della gioia che Dio ci dona, senza limiti e alla quale non possiamo mai rinunciare ... Altrimenti la festa diventerebbe estremamente triste. A Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo dentro la nostra felicità terrena». (Bonhoeffer).
Questo Vangelo diviene l'occasione per noi tutti di comprendere come l'annuncio del Vangelo è annuncio di festa, di gioia, della gioia di Dio per tutti i suoi figli, un annuncio che ci è affidato come comunità cristiana, come comunità di discepoli e amici del Signore.  Potrà allora la nostra Chiesa essere una Chiesa triste, con parole grigie, con sentimenti spenti, con riti e celebrazioni noiose?
Quando è che siamo tristi?
Non siamo forse tristi quando ostentiamo un tradizionalismo di facciata, quasi museale?
Non siamo forse tristi quando le nostre parole della Messa non raggiungono più il cuore. Non lo scaldano?
Non siamo forse tristi, quando ci scopriamo senza fantasia e ci limitiamo a fare quel "si è sempre fatto così"?
Non siamo forse tristi quando alle parole del Vangelo non sappiamo dare spazio e relazione con il nostro vivere quotidiano?
Non è difficile comprendere che la comunità deve essere luogo della festa e della gioia; in essa deve risuonare quella gioia che Dio ci affida da condividere e annunciare.
La gioia della comunità non corrisponde ai sentimenti piacevoli, alla soddisfazione dei desideri, o alla realizzazione di un’aspettativa, per quanto tutto questo possa fare parte della gioia che viene da Dio. La gioia cristiana deve coinvolge tutta la nostra persona e tutti gli ambiti ed esperienze della vita. Non può essere una esperienza a compartimenti stagni, un'intima esperienza separata dalle altre. Ma la gioia è la conseguenza del Vangelo nella vita; di Gesù nella vita. È fonte di gioia l'abbraccio con i fratelli; è fonte di gioia il servizio della carità; è fonte di gioia la formazione e catechesi alla vita di fede. ...

La gioia, Cristiana, non è poi neanche la mia gioia, personale, individuale ma è sempre comunitaria ... Ecco allora che la nostra festa deve esprimere il gusto della gioia condivisa tra le persone; e proprio per vivere bene questa festa occorre che il nostro celebrare - essere a Messa- non sia mai un grigiore ripetitivo di riti freddi e slavati. Altrimenti la nostra comunità darebbe di sé stessa il segno di una comunità triste, grigia, noiosa. Occorre lasciare agire lo Spirito. Occorre l'iniziativa e la fantasia dello spirito in noi. Non dimentichiamo, poi, che la gioia cristiana sa tenere insieme anche i momenti di particolare fragilità e sofferenza: si piange con chi piange, si soffre con chi soffre. Di fronte a questo non siamo degli illusi, ma sappiamo che la consolazione è gioia, la vicinanza è gioia, gli affetti sono gioia. La gioia che doniamo è generata dai sentimenti di Cristo in noi. Allora è chiaro che la gioia deve abitare in noi, ed è indispensabile appartenere alla gioia! Beviamo del vino della festa di nozze!



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