domenica 2 gennaio 2022

Il Vangelo del nuovo anno

Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

 

“Silvano Fausti (sj)” diceva che il Vangelo di Giovanni non racconta quasi nulla, non c'è nulla da spiegare perché Giovanni è solo spiegazione; è difficile spiegare la spiegazione, così come è difficile illuminare la luce. Giovanni non va spiegato, va guardato, va ascoltato, va contemplato.

Il Vangelo di Giovanni è praticamente un dramma il cui protagonista è la Parola (il verbo stesso di Dio); poi in questo dramma ci sono i vari personaggi che siamo noi di fronte alla Parola. È praticamente il dramma dell’uomo di fronte alla Parola; il nostro destino si gioca con la Parola, con la Parola che viviamo o rifiutiamo. Se negli altri vangeli, la Parola è come un seme, gettato sul terreno ... che entra in noi, in Giovanni si mostra come questo seme cresce in noi, fino a diventare una pianta, l’albero stesso della gloria di Dio.

Questo può bastare anche per fare risuonare la Parola del prologo dal Vangelo: "A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, (...). E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria".

Una storia di Bruno Ferrero ci introduce ad accostare questo brano di Giovanni, ci invita a rappresentare il nostro desiderio di stare di fronte alla Parola che questo Vangelo ci risuona.

Una piccola falena d’animo delicato s’invaghì una volta di una stella. Ne parlò alla madre e questa gli consigliò d’invaghirsi invece di un abat-jour. “Le stelle non son fatte per svolazzarci dietro”, gli spiegò. “Le lampade, a quelle sì puoi svolazzare dietro”.

“Almeno lì approdi a qualcosa”, disse il padre. “Andando dietro alle stelle non approdi a niente”.

Ma il falenino non diede ascolto né all’uno né all’altra. Ogni sera, al tramonto, quando la stella spuntava s’avviava in volo verso di essa e ogni mattina, all’alba, se ne tornava a casa stremato dall’immane e vana fatica.

Un giorno il padre lo chiamò e gli disse: “Non ti bruci un’ala da mesi, ragazzo mio, e ho paura che non te la brucerai mai. Tutti i tuoi fratelli si sono bruciacchiati ben bene volteggiando intorno ai lampioni di strada, e tutte le tue sorelle si sono scottate a dovere intorno alle lampade di casa. Su avanti, datti da fare, vai a prenderti una bella scottatura! Un falenotto forte e robusto come te senza neppure un segno addosso!”.

Il falenino lasciò la casa paterna ma non andò a volteggiare intorno ai lampioni di strada né intorno alle lampade di casa: continuò ostinatamente i suoi tentativi di raggiungere la stella, che era lontana migliaia di anni luce. Lui credeva invece che fosse impigliata tra i rami più alti di un olmo.

Provare e riprovare, puntando alla stella, notte dopo notte, gli dava un certo piacere, tanto che visse fino a tardissima età. I genitori, i fratelli e le sorelle erano invece morti tutti bruciati ancora giovanissimi.

La stella della speranza è un segno distintivo. Ogni giorno dovremmo chiedere la fede per osare l’impossibile.

Chi desidera operare con Cristo e, di conseguenza, trasformare il mondo, deve sentire tutto il coraggio che sgorga dalla forza di Dio e della sua Parola. Fare cose impossibili è il realismo di coloro che conoscono la voce del loro Signore. C’è una stella nel cielo della nostra vita: non possiamo perdere tempo a scottarci a qualche lampadina.

La Parola, il vero protagonista del Prologo di Giovanni è proprio la Parola, che in principio si presenta per ciò che è; poi nel suo rapporto con Dio; poi nel suo essere nella creazione e in relazione a ciò che è creato; e in ultimo la Parola si confronta con l'uomo e la sua storia fino a quando la Parola diventa carne e nella Parola diventata carne vediamo Dio faccia a faccia.

Il Vangelo allora che cosa è se non la presentazione della Parola diventata carne, essa è narrazione dell'incontro con Gesù, del faccia a faccia con Gesù.

Forse occorre essere un po' dei falenotteri e puntare a quella stella più luminosa del cielo, forse un po' pazzi, ma certamente pieni di desiderio di felicità e di vita, quella eterna, quella di cui la Parola ci racconta.

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