giovedì 6 gennaio 2022

Dio nella storia, reazione e fibrillazione del tempo

Isaia 60,1-6; Salmo 71; Efesini 3,2-3.5-6; Matteo 2,1-12


Forse non ce ne siamo accorti, o forse giustifichiamo tutto come "quarantena", quindi  è colpa della pandemia - in questo modo non ci facciamo troppi problemi -, ma queste feste di Natale hanno messo in evidenza qualcosa che, era in ombra anche gli altri anni, ma che quest'anno è diventato palese: l'assenza dei bambini, dei fanciulli e delle loro famiglie. Forse che non tutti abbiano festeggiato il Natale? No no, lo hanno festeggiato indipendentemente da tutto, secondo la ritualità nel mondo. Questo nostro mondo che ha trasformato il mito del Natale in una festa puramente umana e soprattutto senza Dio. Tutti hanno vissuto il rito degli addobbi natalizi; tutti in un modo o in un altro, quello dei regali e poi quello del pranzo o del cenone; tutti hanno celebrato il Dio-nuovo anno, e oggi si apprestano a consegnare l'ultimo dono ai bambini per gratificarli nella loro fragilità e così si consumerà anche l'Epifania/befana. Ma epifania di che cosa? Degli ultimi dolcetti?
La nascita di Gesù, i pastori e i re Magi, appartengono ormai alla favola del Natale che fa da coreografia alla celebrazione mondana.
Una considerazione: Saranno anche dei bellissimi cartoni animati quelli che usiamo anche per le catechesi, come "Nativity" o come il "Natale degli animali" e "Gli eroi del Natale", ecc…
Ma non è che nel processo educativo queste proposte distorcono la realtà rendendola solo per una fantasia?
Come  cristiani rischiamo di non riuscire più a motivare il Natale del Signore se non come ricordo di un evento che si perde nella notte dei tempi e che è diventato  per i più la favola per i bambini o un mito ancestrale rivisitato da una esperienza religiosa. Lo stesso racconto dei Magi viene inteso come un arricchimento di fantasia a una narrazione favolosa dell'infanzia del bambino Gesù, protagonista fantastico.
In questa epifania del Signore, come adulto, mi chiedo: perché non sono capaci di dare ragione della natività del Salvatore, e del suo esserci nella realtà?
Quando in una famiglia, il babbo e la mamma, non riescono più a vivere loro il Natale del Signore come esperienza di fede e come memoria della storia, come pensare che i bambini possano fare loro il mistero racchiuso nel Natale e così, crescendo, maturarne una vera consapevolezza?
Se abbiamo ridotto tutto a una favola, ogni rito pagano e mondano è meglio e più avvincente della cristiana celebrazione del Natale del Signore. Certamente è meno impegnativo - meno messe ... -, e soddisfa i bisogni ludici e di aggregazione che oggi vanno per la maggiore.
Detto tutto questo, resta una domanda: "sono capace di dare ragione della nascita del Signore, dell'annuncio ai pastori, dell'epifania ai Magi, della strage dei fanciulli innocenti e della fuga in Egitto? Ne sono capace?"
Di fronte a questi saggi d'Oriente che adorano un bambino, perché pienezza delle profezie che loro hanno scrutato e meta del loro itinerario di ricerca, oggi occorre riappropriarsi di Gesù di Nazareth e del suo aver abitato la nostra storia. Egli ha vissuto in un luogo e in un momento storico scelti dal Padre per la sua rivelazione: è in una storia fatta di contraddizioni e sofferenze, ma pure di letizia e gioia che "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi".
Che Dio entra nella storia, e vi entra come uomo, significa che tutto ciò che costruisce la storia diviene spazio della sua manifestazione, anche lo stesso racconto evangelico del Natale diviene uno strumento, e un modo della Parola incarnata di condividersi e trasmettersi.

Dio ha visitato la storia e da allora continua ad abitarla, fino ad amarla. Dio non si nasconde dietro una favola d'altri tempi, in Gesù, Dio si fa vedere, si manifesta, si fa toccare e incontrare. E se Dio abita la storia, allora è il nostro modo di vivere la storia che deve cambiare. Non possiamo trasformare la storia in una favola. Se Dio abita la storia anche noi, suoi compagni di cammino, come cercatori del mistero, come i Magi, siamo chiamati a fare lo stesso, ad abitare la storia, ed oggi adorare il mistero dì cui facciamo memoria.

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