martedì 10 maggio 2022

Mettere la vita nei riti

Atti 11,19-26 e Giovanni 10,22-30

La festività a cui fa riferimento il Vangelo è quella della dedicazione dell’altare del Tempio di Gerusalemme dopo l’occupazione ellenistica durante il Secondo secolo avanti Cristo, quando gli occupatori cercarono di sradicare gli elementi fondamentali della religione ebraica proibendo la pratica della Legge sacra, fino a una rivolta guidata da un anziano sacerdote, Mattatia. I festeggiamenti proseguono per otto giorni. È la festa della luce, al centro di festeggiamenti l'ccensione delle lampade della hanukkàh (candelabro a 9 braccia). È in questo contesto e nel Tempio che Gesù presenta un Dio e un Messia che non corrisponde alle normali attese e prospettive: è Signore in quanto servo, è pastore in quanto mite agnello, è salvatore in quanto dà la vita. Ci salva mostrando chi è Dio per noi e chi siamo noi per lui: Dio è Padre che ama e noi suoi figli amati nel Figlio, che si fa nostro fratello, nonostante ogni nostra resistenza o rifiuto. Gesù riprende qui delle immagini del brano precedente: le pecore, la conoscenza reciproca, l’unione con il Padre, il dare la vita, il rubare, il non ascoltare la voce, il seguire e ascoltare la voce. Tutto nel tentativo estremo di riempire l'autorità del rito con l'intimità di una relazione figliale. Trasformare la fede in una vera relazione che coinvolge tutta la vita.

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