martedì 19 dicembre 2017

Giudici13,2-7.24-25a e Luca 1,5-25
O Radice di Iesse, che t’innalzi come segno per i popoli:
vieni a liberarci, non tardare.

Martedì, terza settimana di avvento. "Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio".
L'evangelista Luca in queste parole rompe ogni indugio e titubanza; ciò che accade non è un avvenimento straordinario non identificabile. Ciò che accade è volontà di Dio, è la sua libertà, è la concretezza del suo "mistero".
Come siamo "sciocchi" - noi Cristiani - quando dubitiamo che anche oggi nella nostra storia, nella nostra vita, Dio opera e rende concreta la Salvezza donata nel suo Figlio.
Così come per  Anna, madre di Sansone (Prima Lettura); come pure per Zaccaria ed Elisabetta (Vangelo); anche per noi, è la nostra vita che diviene capace del mistero di Dio. Dio agisce la salvezza, a partire dall'esperienza stessa dell'uomo. Ma a questo corrisponde una predisposizione, non si tratta di una Salvezza calata dall'alto. È la nostra possibilità di amare (ben oltre il sentimento) che tradisce la nostra correlazione all'amore che salva.
Zaccaria è una bella immagine di un Cristiano "muto", di un cristiano che ha paura di amare Dio e di corrispondere al suo amore.
Oggi mi astengo da "ciò che rende impuro il mio amare", cercherò di essere fedele all'amore che salva.

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