domenica 17 marzo 2019

Genesi 15,5-12.17-18 / Salmo 26 / Filippesi 3,17-4,1 / Luca 9,28-36
Seconda fase: formare il discepolo ...

Dopo aver educato coloro che ha scelto, cioè dopo averli formati nella sua umanità di discepoli, cioè orientati nella sequela del maestro ... e prima di dare al loro vagare in Galilea una indicazione precisa di cammino verso Gerusalemme - cioè nella ferma e risoluta decisione di salire verso la città Santa - Gesù sale sul monte e insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni, e tutti sono partecipi di una condizione di trasfigurazione. Sì perché non possiamo ridurre la "il cambiamento del volto e del vestito" del Signore a una sorta di evento pirotecnico di cui i tre discepoli sono spettatori plaudenti insieme a due comparse celestiali (Mosè ed Elia). Siamo ancora di fronte alla narrazione, cioè alla memoria di esperienze vissute insieme al maestro, memorie che riconducono alla sua stessa vita e presenza. Una memoria che costruisce l'identità e rende forti nelle scelte di vita che ne conseguono.
Ecco allora che la "trasfigurazione" (anche se mai espressa con questo termine in Luca) del volto del Signore anticipa la durezza e determinazione dello stesso volto e dello sguardo. Dopo questa radiosità tutto è rivolto al compimento che si sarebbe realizzato a Gerusalemme.
Oggi nella trasfigurazione già vediamo la risurrezione. Oggi già siamo chiamati come discepoli alla gioiosa contemplazione e del Risorto. Non è quindi uno sguardo di nostalgia in un cammino penitenziale in cui ciascuno si arrovella nella propria fragilità, nelle proprie tentazioni e paure. Oggi nella trasfigurazione, insieme a Gesù glorioso e risorto siamo "formati" cioè "cambiati" per essere discepoli del Vangelo; annunciatori della gioia del risorto. Questo è possibile non per convinzione ed educazione scolastica o catechistica, ma per esperienza. Come Pietro, Giacomo e Giovanni, dalla trasfigurazione sul monte passano alla trasfigurazione di se stessi. Essi nella memoria di quel fatto, conoscono di essere stati parte di un evento che li ha toccati e cambiati; nello stesso modo per cui essi ora possono trasfigurare la realtà. La trasfigurazione rappresenta il coraggio del discepolo di Gesù di superare la religione come vincolo e giogo per fare esperienza vera del Vangelo. Voglio dire: la religione non trasforma questo mondo ed il Vangelo non ci rende più umani e più felici se il "cambiamento" che è narrato nel Vangelo non parte dal  cambiamento di noi stessi.

1 commento:

  1. L’Aureola Smarrita (Bruno Ferrero)
    Nel salone di ingresso in Paradiso coloro che entravano, dopo le congratulazioni di san Pietro, transitavano davanti al bancone dove ricevevano l’aureola che spettava a tutti i santi.
    Le aureole erano tutte accatastate sul banco e si posizionavano sul capo dei santi in modo automatico. Erano fatte di luce e colori, splendenti e sempre su misura. Ma un angioletto distratto inciampò e rovesciò la pila delle aureole.
    Furono subito raccolte tutte. Meno una.
    Rimbalzando di nuvola in nuvola, l’aureola finì sulla Terra. E cominciò a cercare un santo. Iniziò naturalmente da una grande cattedrale. Ma tra i turisti e i partecipanti distratti, non trovò nessuno adatto all’aureola.
    Sorvolò un lungo corteo. Nessuno.
    Si intrufolò nel gran Consiglio della Banca del Santo Spirito, niente. Provò con la Banca San Paolo e con il Banco Santander. Neanche l’ombra di un santo.
    Volò sopra alcune casette. In un giardinetto vide un vecchietto che piangeva sulla foto della moglie morta. Passò un ragazzino che andava a scuola e si fermò.
    "Non c’è più", disse il vecchietto. "Ora sono proprio solo".
    Il ragazzino si sedette accanto all’anziano e appoggiò la sua testa alla sua spalla. In silenzio. L’aureola gridò "Urrà", e si posizionò sulla testa del ragazzino.

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