venerdì 22 marzo 2019

Genesi 37,3-4.12-13.17-28 e Matteo 21,33-43.45
I frutti della vigna saranno sempre buoni ...

La narrazione (prima lettura, dalla storia di Giuseppe) diviene memoria del passato, dove  abbiamo fatto della nostra vita lo spazio in cui il rivelarsi di Dio e le nostre incapacità ad accoglierlo, sono sfociate nella svendita dei "sogni belli", per seguire un sogno miope ed intrigante. Le nostre scelte, sono spesso espressione del limite. La stessa condizione della Vigna racconta la complessità nel collocare nel tempo dell'uomo, il limite di un agire che si oppone al desiderio (sogno) di Dio: "un uomo (...) piantò una vigna (...). Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto".
Seguendo la trama della parabola, il sogno di Dio si compie nella raccolta dei frutti, ma è proprio lì che si infrange con il limite (incapacità dei contadini), nel l'incapacità di corrispondere ai frutti e corrispondere i frutti stessi. È uno sguardo bello quello che Dio ha sulla vigna, essa è nella possibilità di produrre ... è capace di farlo, "altri la faranno produrre, ma consegneranno a Dio i frutti attesi".
Ecco lo sguardo di Dio sulla vita umana, sulla Chiesa, si noi stessi ... È uno sguardo buono e bello, pieno di attenzione, è come un sogno che attende compimento, rappresenta la possibilità da realizzarsi ... essa è nelle nostre mani ...
Quel sogno è nelle nostre mani, quel sogno contiene ed è contenuto nella nostra vita personale. Ma è proprio qui che quel sogno può precipitare. Il versetto 44 è stato omesso, ma dice: "E chi cade (inciampa) su questa pietra sarà sfracellato, e colui sul quale cadrà lo stritolerà!"
È uno sguardo drammatico, ma non in senso distruttivo, ma in senso privativo. Privarsi dell'orizzonte del sogno di Dio, distrugge sé stessi (sfracella); la negazione del sogno è uguale all'insopportabilità del suo peso - si tratta di una privazione insopportabile -, perché quel sogno è grandezza e bellezza, è l'amore del Padre.

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