martedì 11 febbraio 2020

1 Re 8,22-30 e Marco 7,1-13
Quando la religione è una gabbia

C'è chi osserva come ti compirti, se agisci secondo le leggi e le tradizioni della convenzione sociale e religiosa ... anche solo della tua comunità. È la sindrome del controllo: farisei e alcuni scribi, venuti da Gerusalemme, osservavano come i discepoli di Gesù mangiavano il pane con mani impure, cioè non lavate. Le conseguenze della "impurità" per non aver osservato le abluzioni era talmente "capziosa" che generava una vera esclusione sociale. L’osservanza della legge era un aspetto molto serio per la gente, al punto che erano convinti che una persona impura non potesse ricevere la benedizione promessa da Dio ad Abramo. In realtà, invece di essere fonte di pace, le norme costituivano una prigione, una schiavitù. Per i poveri, era praticamente impossibile osservare le centinaia di norme, di tradizioni e di leggi. Per questo erano considerati persone ignoranti e maledette che non conoscevano la legge (Gv 7,49).
Anche oggi nelle nostre comunità, ci sono leggi, precetti, o anche solo convenzioni religiose, che finiscono per essere occasione di controllo della libertà e della coscienza credente, ad esempio l'espressione "si è sempre fatto così"; non è sufficiente che sia denunciata dal Papa come quella modalità che si oppone al rinnovamento della Chiesa, e alla conversione missionaria, in verità dietro quelle poche parole si nascondono tutti i nostri tradimenti al Vangelo e dice tutta la nostra inadeguatezza all'essere discepoli del Signore. Vivere secondo il Vangelo, è un continuo recupero della libertà da schemi e convenzioni che, pur se in apparenza sembrano provenire dalla scrittura, in realtà la rinnegano ai singoli il cammino di maturazione umana e di corresponsabilità nell'agire. A volte sembra più facile, a volte più conveniente sottostare agli "scribi e farisei del nostro tempo" - che spesso sono i nostri comparrocchiani - piuttosto che avere il coraggio di vivere la legge nella sua piena integrità cioè riportata al cuore e alla sua verità e non nella sua trasformazione in convenzione o ripetitiva abitudine.

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