sabato 1 febbraio 2020

2 Samuele 12,1-17 e Marco 4,35-41
Ed ebbero paura ...

Il Lago di Galilea, nelle giornate di sole e senza vento è uno specchio d'acqua incantevole, placido e rasserenante; ma quando le correnti d'aria portano nubi o semplicemente smuovono l'aria fredda e la fanno precipitare sul livello dell'acqua, il placido laghetto diviene un impetuoso mare agitato, in cui le palme sulla spiaggia arrivano, piegate, a lambire le onde mosse e agitate. Il Lago in tempesta fa veramente paura - e per chi lo ha visto - si può immaginare come una barca di pescatori possa trovarsi in estrema difficoltà. Non sono per nulla esagerate le affermazioni del Vangelo: "... e le onde si gettavano nella barca, così che già era piena, (...) non imporporata a te che muoriamo?"
I discepoli non hanno ancora compreso fino in fondo lo spazio di "possibilità di Gesù"; essi lo conoscono per ciò che dice; hanno visto le sue capacità traumaturgiche, ma dei segni/miracoli non ne hanno ancora fatto esperienza. È questo contesto che getta i discepoli nella paura, una paura grande! Paura per la violenza della tempesta; paura di morire; paura per l'inaspettato agire del Signore.
Non è certo la sollecitazione a fargli fare un miracolo che li porta a dire: "non importa a te che muoriamo?" Forse era solo la rabbia nel vedere come in una tale situazione, Gesù se ne stava a dormire ... Un atteggiamento che avrebbe fortemente irritato chiunque.
Questo è il contesto in cui per la prima volta Gesù provoca i discepoli/pescatori circa la fede personale. Tutto precipita nella paura, non più rispetto alla tempesta o alla morte, ma rispetto allo spazio della Sua possibilità. Ora i discepoli hanno paura di Lui!
La vita e la famigliarità con Gesù sarà lo spazio per trasformare la paura in amore! Il timore in una fratellanza! Lo stupore in consapevole fede. Anche noi dobbiamo imparare a conoscere Gesù, nessuno può avere la presunzione di conoscerlo di già!

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