domenica 16 febbraio 2020

Sir 15,16-21; Sal 118; 1 Cor 2,6-10; Matteo 5,17-35
Gesù mi insegna ... e io apprendo ...

Quel "ma vi dico" risuona come un fulmine a ciel sereno ...
Tutti,ascoltando restano meravigliati, prima che scossi, poi rientrano nella reazione normale di chi è abituato ai discorsi dei Maestri della legge, degli Scribi e Farisei ...per loro tutto dipende dalla scrittura ... Ma dipende nel modo più convenzionale possibile. La scrittura è fonte della Legge, e la legge è il contenitore per l'uomo.
Ma quel "ma io vi dico" è veramente un tuono di novità che irrompe improvviso trascinando il nostro desiderio di cambiamento, di rinnovamento, è quel "nuovo" necessario per non essere otri vecchi o vestiti rattoppati.
Che cosa rappresenta la Legge di Dio per un ebreo?
La Legge prima di essere una norma morale rappresenta il modo in cui Dio incontra e soccorre la nostra fragilità umana. Nessuno di noi è perfetto, e sinceramente, guardandoci a fondo scopriamo inadeguatezze, tradimenti, menzogne ecc... Che volontariamente o meno si nascondono tra le pieghe della nostra storia e del nostro esistere. La Legge, per un ebreo, è dono di grazia, rappresenta il percorso positivo  attraverso il quale la nostra umanità viene aiutata nel cammino della sua pienezza, della sua realizzazione e vocazione. Quando la legge la svuotiamo del suo originario contenuto che è la compassione di Dio e il modo in cui l'amore di Dio ci raggiunge, quella Legge si riduce a un precetto, o a un "imparaticcio di uomini".
"Ma io vi dico": chiunque si adira con il proprio fratello, chi nutre rancore è potenzialmente un omicida. Chi non ama, uccide; chiunque si adira con il fratello, o gli dice pazzo, o stupido, è come Caino che uccise il fratello Abele. L’ira, l’insulto, il disprezzo, sono tre forme di omicidio. L’uccisione esteriore avviene viene a partire dalla eliminazione interiore dell’altro. La qualità delle nostre relazioni ci rivela lo stato della nostra "natura umana".
Gesù dice, "Ma io vi dico", non commettere adulterio. Adulterio viene dal verbo a(du)lterare che significa: tu alteri, cambi, falsifichi, manipoli la persona. Nel fare "adulterio", rubi il sogno che Dio a dell'altro, ti vuoi sostituire alla sua vera felicità. Adulterio non è tanto un reato contro la morale, ma un delitto contro la persona, deturpi il suo volto. Con questa parola crisi scabrosa, Gesù entra con la luce del Vangelo anche nella intimità più profonda del nostro affetto, del nostro amare.
Gesù dice, "Ma io vi dico": Non giurate affatto; il vostro dire sia sì, sì; no, no. Cioè non mentite, non siate falsi. Di’ sempre la verità e non servirà più giurare. Dobbiamo solo avere una unica priorità: curare il nostro cuore, per poi guarire la vita.
Che cosa ci sta all'origine del nuovo insegnamento di Gesù?
All’origine dell’insegnare, per Gesù, c’è il lasciarsi condurre dalla compassione per noi.
È a partire da questa compassione che Gesù ci propone una pienezza di vita, che non è semplicemente quanto umanamente ci aspettiamo, speriamo o intuiamo.
Attraverso le Parabole, attraverso i suoi discorsi, Gesù propone sia la lettura della realtà come anche la visione del pensiero e dei sentimenti di Dio Padre.
L'insegnare, per Gesù, è allora, mettere insieme la nostra vita e le nostre esperienze con il "mistero" di Dio. Quando la nostra vita, il nostro "cuore" non si confrontano e non si misurano col "mistero", reputandolo una favola o semplicemente un retaggio del passatoquando l'indurimento rappresenta l'esclusione del primato di Dio e dell'amore nella quotidianità della vita, oltre che nei principi; lì si sperimenta la fatica dell'insegnare, ma anche la sua necessità e perenne attualità.

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