domenica 24 aprile 2022

Dal racconto alla realtà

At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17-109; Gv 20,19-31

Quale é il senso delle Scritture che oggi abbiamo, letto anzi proclamato e ora, dopo avere ascoltato, ci apprestiamo ad attualizzare e interiorizzare?
Molti di noi, ascoltando questi brani, cercano risposte alle loro domande, altri pensano d'essere di fronte a racconti con un senso morale nascosto; altri ancora rileggono questi testi pensandoli frutto di fantasia dubbiosi sulla testimonianza della verità storica.
La Chiesa custodisce e insegna la verità rivelata contenuta nelle Sacre Scritture, proprio a partire da queste Parole, riconoscendo in esse non una forma espressiva perfetta, non sempre adeguata rispetto al mutare dei tempi, ma ugualmente capace di trasmettere una verità biblica, che è la vita stessa di Dio Padre, e che nella nostra umanità si è manifestata nell'incarnazione di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Per questo la Parola non va solo compresa, studiata e pregata, ma va riconosciuta e accolta in tutto il suo mistero, che va oltre alla forma che nel tempo l'ha graficamente fissata. Se la parola si fosse dovuta scrivere oggi, avremmo infatti i vangeli virtuali, e la digitalità segnerebbe certamente e diversamente la modalità espressiva, ma non la possibilità di comunicarsi della rivelazione.
Dopo questa premessa, forse ancora un poco fumosa nella mia testa, la liturgia della parola di questa domenica della divina misericordia, seconda dopo Pasqua, potrebbe essere percepita proprio all'insegna della incredulità circa ciò che vuole comunicarci.
Il raccontato nel Vangelo di Giovanni, rappresenta l'anello di congiunzione tra i primi discepoli che hanno visto il Risorto perché erano presenti e noi che non l’abbiamo visto, e che mai lo vedremo in quella realtà storica. Ma proprio per questo siamo coinvolti rispetto alla testimonianza del vangelo.
D’altronde tutta la nostra cultura si fonda sulla testimonianza altrui, e oggi vediamo quanto le testimonianze possono essere manipolate e possono condizionare la verità dei fatti. Per cui, ciò che imparo, lo imparo da altri, questo è il presupposto per affidarci a ciò che io mai sperimenterò.
Anche noi, tutti i giorni, siamo sollecitati e provocati a credere alla testimonianza di altri. Tommaso per principio non crede, vuol vedere e toccare di persona, egli rappresenta la nostra incredulità rispetto alla testimonianza.
Ecco allora che il vangelo non è una semplice narrazione, o una storia, ma questo vangelo vuole metterci di fronte a Gesù, che con la sua testimonianza e presenza reale, vuole rompere il muro dell’incredulità, che molto spesso noi stessi costruiamo, con la nostra invidia, autosufficiente superbia e autoreferenzialità.
C’è qualcosa di irripetibile in questo racconto quando diviene testimonianza di Gesù vivo e reale, che supera il racconto stesso per diventare anche la nostra realtà concreta, non virtuale o di fantasia.
Gesù venne e stette in mezzo a loro, come era al centro della loro paura, ora è in mezzo a noi. Lui sta al centro della comunità, nell'essere noi comunità tra di noi e con lui. Lui non accusa, non rimprovera, non abbandona, “ma sta in mezzo”, per essere concretamente pace e perdono. Quanto questo suo esserci tra noi, rappresenta l'unico e necessario del nostro mondo di oggi: pace e perdono. Ma come Tommaso, anche noi non crediamo a Gesù ... e lo vediamo nei tanti cristiani che in tutto il mondo non costruiscono la pace di Gesù.
"Pace a voi", é come una carezza sulle nostre paure, sui nostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulla tristezza e sul male che scolora i nostri giorni. La Pasqua, non sono semplici “apparizioni del Risorto”, ma è l'incontro, con tutta la realtà nuova di Gesù vivo, con la potenza del suo incontrarlo. Otto giorni dopo Gesù torna lì: li aveva inviati per le strade, e li ritrova ancora chiusi in quella stessa stanza, nelle loro paure nei loro dubbi. Ma per andare nel mondo come discepoli, occorre mettere il dito nel foro dei chiodi e la mano nella piaga del costato; la risurrezione è la concretezza di un dramma che si apre alla certezza di un amore per sempre, che è la gloria di Dio, il suo folle amore per noi. Alla base ci sta il superamento della nostra umana ragionevolezza.

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