venerdì 8 febbraio 2019

Ebrei 13,1-8 e Marco 6,14-29
"... imitatene e la fede ..."

Con il capitolo 13 la Lettera agli Ebrei volge alla conclusione, e nello stile delle lettere alla comunità, si concentra nei suggerimenti, per tradurre in modo concreto l'ascolto che ha caratterizzato fino a questo punto il discepolo. L'ascolto si fa vita, ed è in questa chiave di attualizzazione che ci conduce questo ultimo tratto della Lettera. Si fa vita, attraverso l'imitazione di coloro che con la loro esistenza si sono resi partecipi alla storia di salvezza, a partire da Abramo e Lot. La memoria dei testimoni è condizione per noi di adeguare lo stile della nostra quotidianità all'amore fraterno, alla ospitalità (accoglienza); alla misericordia verso chi è prigioniero, e chi subisce ingiustizia; non dimenticando che la vita - tutto il nostro esistere sia quello santo che non - passa attraverso la mediazione del nostro corpo di carne. Ecco allora l'esigenza e la necessità di una imitazione non solo nelle idee, o non solo nella esteriorità delle azioni, ma una imitazione a partire dalla fede: "Considerando attentamente l’esito finale della loro vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre!"
Il punto cruciale ritorna ad essere la fede come risposta all'annuncio che il Cristo il Figlio di Dio è risorto dai morti; in questo riconosciamo il Signore come colui che trasforma la solitudine esistenziale dell'uomo, Dio è l'unico che può colmare il desiderio di pienezza che come l'abisso in noi, mai giunge a misura: "Non ti lascerò e non ti abbandonerò". Così possiamo dire con fiducia: "Il Signore è il mio aiuto, non avrò paura".
La memoria della fede dei testimoni è come l'eco di queste parole (Salmo 118,6), riecheggiarle significa meditarle, significa predisporci ogni giorno all'annuncio di quella Parola del Signore che suscita e alimenta la fede.

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