mercoledì 13 febbraio 2019

Genesi 2,4-9.15-17 e Marco 7,14-23
Dio vita del cuore umano ma non padrone

Il secondo capitolo del libro della Genesi, dischiude tutta una serie di interessantissime considerazioni esegetiche circa la natura del testo è la sua origine, ma che non trovano ora il luogo di approfondimento. Certamente spicca l'evidenza circa la creazione dell'uomo  collocata in un contesto estremamente simbolico, "polvere della terra, solo, soffio di vita ..."
All'origine dell'uomo c'è ben oltre l'agire, il fare di Dio, di YHWH, ma il suo esserci. Dio è totalmente coinvolto nell'uomo: YHWH plasma l'uomo. L'esistere dell'uomo si colloca nel "giardino", immagine mesopotamica del paradiso, ma un giardino, nel quale a sua volta trova collocazione particolare "l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male".
Il primo rappresenta un tema molto diffuso nell'antichità medio-orientale, spesso l'albero rappresenta la divinità, forse la stessa presenza di Dio. Come non suggerirci la relazione unica tra la vita di Dio e la vita dell'uomo, l'esistere di Dio e l'esistere dell'uomo.
Il secondo invece, tipicamente biblico, associa a sé il senso morale e che solo Dio è padrone ultimo del vivere e del morire. Ecco che l'entrata in scena del bene e del male diviene l'universo esistenziale delle scelte umane, della responsabilità, della libertà e della sapienza.
Il nostro universo umano trova tutta la sua naturale manifestazione nel "cuore", quale chiave di interpretazione trova migliore espressione in questo passo del Vangelo?
"Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro".
Ciò che Dio chiama a esiste nella libertà, chiede di essere custodito e accudito nella libertà e nell'amore, cioè alimentato dalla vita di Dio, dal suo soffio esistenziale.

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