domenica 3 febbraio 2019

Ger 1,4-5.17.19 / Sal 70 / 1 Cor 12.31-13,13 / Luca 4,21-30
Quante scuse troviamo?

"Non è il figlio di Giuseppe?" Alla fine, pure se ciò che Gesù dice e propone, è talmente bello che ne rimaniamo meravigliati pure noi - perché ammetiamolo, il desiderio di giustizia, la possibilità di un vero riscatto, e la gratuità dell'amore attrae pure noi - quelle parole le percepiamo nella loro straordinaria capacità di renderci veramente umani. Eppure quante scuse siamo disposti a trovare per giustificare la pigrizia di crescere in umanità?
A Natareth si aggrapparono a ciò che loro stessi conoscevano, l'origine di Gesù: "... sarà anche un bravo ragazzo, ma è pur sempre il figlio di Giuseppe, il ciappinaro!". A questa sorta di riluttanza e di imbarazzo, Gesù risponde mettendo in risalto la loro chiusura mentale, ovvero la loro paura! Eppure proprio nell'immagine che vi rimanda a Giuseppe -nella tradizione falegname - nel suo essere un manovale capace di tante abilità, cogliamo lo stile di Gesù capace di plasmare e forgiate le "cose" e i cuori per renderle idonee alla loro piena utilità e per renderli idonei a rispondere alla volontà del Padre.
Non sarà proprio questa volontà del Padre a intimorire i pastori di Nazareth?  Gesù si propone come colui che vuole compiere fino in fondo la volontà di Dio, compiere le sue promesse ... Cosa c'è di scandaloso per chi ama Dio e desidera essere riamato, compiere la sua volontà, portare a compimento ciò che il Signore ha promesso? Anzi è proprio nella sua volontà che si partecipa ala piena gioia, alla gratificazione del suo amare. Ma invece spesso alla volontà di Dio rispondiamo con la paura ...
A Nazareth inizia la paura per le conseguenze delle parole di Gesù.
Infatti Gesù fa leva su questa paura per forzare la loro reazione: Dio si prende cura di una vedova di Sidone (una infedele); Dio guarisce un lebbroso di origine siriana (un infedele) ...
Lo scandalo di Nazareth, la paura di donarsi al Signore, nasconde l'ipocrisia dei cristiani ben pensanti e bigotti di oggi che con estrema indifferenza non accettano che il mistero dell'amore di Dio padre passi attraverso la carne dell'uomo, in una immersione piena nella nostra natura. Allora ecco che un Gesù umano scandalizza, come altrettanto scandalizza riconoscere la sacralità dell'uomo, qualunque esso sia.
Ma Gesù ha assunto la nostra carne, il nostro limite, la nostra fragilità affinché tutto ciò che è umano sia spazio di libertà e comunione, non di schiavitù, di umiliazione e oppressione. Per crescere in umanità occorre riconoscere che la sapienza di Dio e la sua potenza si rivela nella carne, nella debolezza e nel limite; è nel limite che si genera la comunione e l'amore, non il dominio sugli altri. 
La fatica di questa crescita umana si deve fare nella quotidiana lotta con il nostro perbenismo, con i nostri interessi personali, con le nostre ideologie di massa sprezzanti della carità. Non vorremo per caso anche noi, rinunciare alla lotta e fare del figlio di Dio il figlio del "ciappinaro" Giuseppe.

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