domenica 12 giugno 2022

Legati a un mistero che ci libera

Pr 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15

Solo fino a poco tempo fa, in molti pensavano, o forse ci si era adattati a pensare che la scienza avesse raggiunto una certezza sufficiente per poter spiegare un poco tutto circa l'origine dell'universo, circa le leggi cosmiche e quant'altro si nasconde nel mistero di ciò che ci avvolge e ci custodisce.
Teorie insegnate soprattutto nelle scuole, come verità, e forse anche nel tentativo di emarginare il dato religioso rispetto alla creazione da Dio e su Dio stesso.
Ma, visto che la ragione umana e la conoscenza sono un dono che sempre conquista nuovi spazi di indagine e di scoperta, oggi ciò che sembrava un assoluto, lo si riconosce come parziale e come verità incompleta ... perché alla luce di nuove scoperte a livello cosmologico e delle scienze naturali, gli scenari sono notevolmente cambiati, e torna possibile parlare di eternità, di mistero, di tempo, di creazione originaria e di uomo come fulcro di tutto ciò che esiste.
È in questo orizzonte in evoluzione, che oggi celebriamo un mistero che forse, anche noi davamo per scontato, quasi con rigore teologico, ma che per nostra ignoranza resta sempre un mistero in sé stesso, pur se rivelato: cioè la Santa Trinità. Ma cosa significa per noi parlare di mistero? Ne siamo capaci? Oppure siamo dei balbettanti e analfabeti del mistero che professiamo come credenti?
Per Gesù parlare di Dio è parlare della verità; una verità che, come tale, non si rivela mai al punto di essere posseduta in modo esclusivo, la verità è di per sé dono che si offre e che non rivela mai sé stessa pienamente, perché la verità è tale solo se si coniuga con l’amore, con la coscienza dell’altro e con la capacità di portarne i pesi, cioè di condividere insieme e di essere parte della reciproca esistenza quotidiana. La verità non ha nulla a che fare con le regole e con la rigidità di ciò che è preconfezionato.
La missione principale della Chiesa è quella di guidarci sempre più nell'incontro personale con Dio Padre; con la tenerezza e la docilità che provengono dallo Spirito che ci ha lasciato Gesù, che non impone, ma che illumina. Dice papa Francesco: “Ci sarà lo Spirito a prolungare la missione di Gesù, cioè a guidare la Chiesa avanti. Gesù rivela in che cosa consiste questa missione. Anzitutto lo Spirito ci guida a capire le molte cose che Gesù stesso ha ancora da dire. Non si tratta di dottrine nuove o speciali, ma di una piena comprensione di tutto ciò che il Figlio ha udito dal Padre. Lo Spirito ci guida nelle nuove situazioni esistenziali con uno sguardo rivolto a Gesù e, al tempo stesso, aperto agli eventi e al futuro”
E in questo “camminare” e “accompagnare” ciascuno di noi, lo Spirito Santo ci dona intuizioni e risorse capaci di riconoscere (anche in questo tempo travagliato e di transizione), che Gesù sempre ci precede nella Galilea di questo mondo.
Travaglio e transizione, come anche oggi vive la Chiesa. Che cosa riconosco nella fede se non che Trinità significa assenza di solitudine e infinito movimento d’amore. In Dio c'è reciprocità, scambio, superamento di sé, incontro, abbraccio, al punto di poter affermare che l’essenza di Dio è comunione. Il dogma della Trinità non è una teoria dove si cerca di far coincidere il Tre e l’Uno, ma amore che si riconosce nel nostro amare; è sorgente di sapienza che dà senso alla vita. E se Dio si realizza solo nella comunione, così sarà anche per l’uomo, visto che dell'uomo dice: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza».
A immagine e somiglianza della comunione, di un legame d’amore, del mistero singolare e plurale.
Ora capisco perché la solitudine esistenziale fa paura.
Ora capisco che quando sono con chi mi vuole bene, quando so accogliere e sono accolto, realizzo la mia vocazione di comunione.
La festa della Trinità dà quindi senso ultimo all’universo. Davanti alla Trinità mi sento piccolo ma abbracciato, in un vincolo di amorevole comunione.

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