domenica 10 luglio 2022

La strada per Gerico

Dt 30,10-14; Sal 18; Col 1,15-20; Lc 10,25-37

Che cosa rappresenta questa parabola?
È un raccontino per invitarci a fare la buona azione quotidiana?
No, è invece una delle pagine più rivoluzionarie del Vangelo.
Alla domanda del dottore delle Legge: che cosa devo fare per “dare senso” alla mia vita? Gesù risponde, intenzionalmente con questo racconto.
Ma in queste parole si dischiude il cammino di uno uomo e la storia di questo nostro mondo, tutto in quei trenta km di strada da Gerusalemme a Gerico.
La strada da Gerusalemme a Gerico è oggi un sentiero che si inerpica in un canyon, tra rocce e zone deserte, tra ruderi di case di pastori, e pozze di acqua rimasta nel wadi dall'ultima stagione delle piogge. Al tempo di Gesù c'era anche una strada romana di collegamento, una strada percorsa da tutti coloro che scendevano da Gerusalemme a Gerico. Una ambientazione conosciuta da tanti, forse tutti, quasi a ricordarci che tutta la vita del mondo scorre in quella strada che congiunge il cielo (Gerusalemme) e la terra (Gerico).
La parabola è una metafora della vita di ieri come di oggi, é immagine della storia umana, per questo nessun lettore può dirsi estraneo ai problemi del mondo.
In quell’uomo picchiato dai briganti possiamo vedere le tante donne e uomini che quotidianamente sono ancora violentati, sfruttati, malati, soli, abbandonati. Oggi ai drammi che accadono sulla strada potremmo aggiungere anche quelli dei profughi in cerca di una vita migliore; delle famiglie provate dalla pandemia e dalle sue gravose conseguenze anche economiche; ci sono coloro che sono vittime e preda della guerra; ma anche chi ha perso tutto per colpa degli eventi siccitosi e climatici. Di fronte a tutto ciò... quante volte anche noi, vediamo e passiamo oltre.
Chi oggi vede e ha compassione …”
Tra i protagonisti della parabola ci sono due religiosi, un sacerdote e un levita. Vedono il malcapitato, ma hanno da fare, devono andare al Tempio, passano oltre. Gesù non li propone certo come modello di vita da imitare, ma sceglie un Samaritano, un eretico, uno straniero. Lui lo vide e “ne ebbe compassione”. Compassione del prossimo ...
Istintivamente ognuno di noi direbbe: prossimo è l’altro, è colui di cui mi prendo cura.
Per Gesù “prossimo” non è soltanto la persona che amo, che aiuto, che mi sta accanto. Prossimo invece “sono io”, ogni volta che mi prendo cura dell’altro che è in difficoltà. Concretamente Gesù ti dice: “Non chiederti chi è il tuo prossimo, ma cerca di essere tu prossimo per chi ha bisogno di te”. Per un vero discepolo del Vangelo la domanda cruciale non è “chi è il mio prossimo”, ma “come faccio io a diventare prossimo delle persone che incontro”?
Per Gesù il prossimo è anche chi ha avuto compassione di te. Tutti nella vita abbiamo incontrato dei samaritani che ci hanno aiutato a crescere, che ci hanno dato una mano nei momenti difficili. La vita ci insegna che amare è donare, ma anche lasciarsi amare. Riconoscere la propria fragilità. Accettare di essere aiutato. È anche questo un modo concreto di volersi bene.
Spesso è proprio l’incontro con l’altro che mi fa prende coscienza di quello che veramente sono: un mendicante di senso, di affetto, di salute, di speranza.
La domanda iniziale era: Che cosa devo fare per “dare senso” alla mia vita?
Ecco la risposta di Gesù: «Vai e anche tu fai come ha fatto il Samaritano. Diventa anche tu Samaritano. Sii prossimo per chi ha bisogno di te». Se farai questo… troverai la vita! Sarai felice!
Luca mettendo in fila dieci verbi per descrivere l’amore concreto: vide, ebbe compassione, si avvicinò, versò, fasciò, caricò, portò, si prese cura, pagò… fino al decimo verbo: al mio ritorno salderò… Ci insegna il nuovo decalogo, perché l’uomo sia promosso a uomo, perché la terra sia abitata da “prossimi” e non da briganti o nemici.
Ecco che al centro del messaggio di Gesù c'è una parabola; al centro della parabola c'è un uomo; e quel verbo: Tu amerai.
Fa così, e troverai la vita.

Nessun commento:

Posta un commento