martedì 5 luglio 2022

Non siamo una multinazionale ... della fede

Osea 8,4-7.11-13 e Matteo 9,32-38

Quante volte abbiamo pensato: "ci sono poche vocazioni; occorre pregare perché aumentino!" Oppure quante volte ci siamo fissati, compiaciuti o delusi sul numero dei seminaristi o su quello di nuovi ingressi in monasteri e conventi.
Spessissimo, forse troppo, il nostro modo di pensare è come quello dei manager della multinazionale della fede. Il numero corrisponde alla possibilità di convertire?
O semplicemente corrisponde all'idea di presidiare Chiese e comunità?
Certe logiche e pensieri in realtà sono ben lontani dai sentimenti, pensieri e parole di Gesù.
Il suggerimento di Gesù riguardo la preghiera per gli operai della messe non significa, in primo luogo, la richiesta di nuove vocazioni, ma quella di essere noi stessi operai della messe del Signore, e non della “nostra” messe.
Significa aprire gli occhi su un mondo ferito e umiliato dalle fragilità e dal peccato. Quello stesso mondo che senza tanti se e senza tanti ma, Gesù ha scelto di percorrere e di amare di villaggio in villaggio. La preghiera non aumenta il numero, ma muove a consapevolezza; la preghiera suggerita da Gesù ci rende partecipi di una necessità: essere suoi discepoli fino in fondo, non solo nelle liturgie o nei precetti, ma nella fatica quotidiana che incontra i tanti limiti e ferite umane. Cosa significa: "Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore". Chi se ne prende cura di questa umanità fatta di scartati, profughi, affamati, poveri, delusi, malati ... Questa realtà sembra rinnovarsi, pienamente, ancora oggi; i nuovi operai non sono un numero di addetti al soccorso, ma sono la nostra volontà di mettere cuore e passione per accompagnare Gesù in questo mondo.

Nessun commento:

Posta un commento