domenica 3 luglio 2022

ABC dell'annunciare

Is 66,10-14; Sal 65; Gal 6,14-18; Luca 10,1-12.17-20

Rischiamo la disconnessione dalla realtà. La globalizzazione, la digitalità, il virtuale stanno determinando un nuovo approccio alla creazione, all'universo.
Se per millenni la nostra umanità si è sempre confrontata con la concretezza, con una oggettività simbolica, che ha portato a strutturare anche il modo di pensare e l'approccio alla realtà, oggi dobbiamo ammettere che non è più così ... Tutto è estremamente relativo e sfuggente. Non dico che è un male, dico che siamo nel pieno di un vero processo di trasformazione storico-culturale, che coinvolge anche la nostra identità umana. Siamo dentro un cambiamento ... Ma come cristiano in che modo ci stò?
Nel passato altri trapassi epocali hanno attraversato la storia umana segnando profondamente delle differenze tra il prima e il dopo: ad esempio il crollo dell’Impero romano; la rivoluzione industriale; ecc ...
Oggi anche il modo in cui ci approcciamo alla guerra è cambiato; chi si sarebbe mai immaginato che l'avremmo vissuta come fosse una telenovela o come una puntata dell'isola dei famosi; con la cinica capacità di distaccarsi da tutto con un semplice, clic.
Ma stando al Vangelo di questa domenica è in questa realtà che i settantadue vengono inviati a preparare l'incontro con Gesù.
Cosa significa preparare oggi gli uomini a incontrare Gesù? Cosa significa vivere il vangelo? Come ci si sente ad essere dei mandati? In tutta questa transizione e cosa significa essere la Chiesa?
Riflettevo in questi giorni come la crisi dell'esperienza cristiana è dovuta al suo legarsi in modo rigido con la realtà storica, cioè all'essere espressione di stili di vita, modalità espressive e concettuali fortemente determinate dal contesto storico culturale. Una rigidità che determina il conseguente distanziamento e la mancata connessione con il processo di cambiamento in atto. Il cambiamento viene dai più percepito come un attentare alla ortodossia.
Ma è evidente che l'esperienza credente è sempre più marginale, in un esodo progressivo del senso Dio e la lontananza dalle domande dell'uomo.
Esiste uno spazio di recupero rispetto alla marginalità? Esiste una possibilità di riscatto del senso di Dio?
In un occidente, dove il cristianesimo si limita a fare resistenza nel tentativo di auto-conservarsi, non credo ci sia possibilità di recupero della marginalità, e sarà inevitabile l'esperienza di essere minoritari: cioè una parte, non troppo rilevante, rispetto a molto altro.
Oggi ogni credente, deve abbandonare il "fantasma" dei tempi passati; deve abbracciare con coraggio una sfida epocale ripartendo non dall'essere una istituzione; non dagli obiettivi dei progetti pastorali, ma dall'incontro quotidiano con le persone; perché è nello spazio relazionale che le domande riacquistano senso, significato e importanza.
Riattivare la domanda del cuore umano, significa oggi annunciare il Vangelo.
Un andare, un essere inviati senza alcuna pretesa di successo. Ma ciò che è importante è generare quel processo interiore che risveglia il desiderio di infinito.
In questo essere inviati, Gesù ci precede, dice il vangelo. Ma cosa significa se non che Gesù attraverso di noi cerca un incontro personale, per generare ancora una relazione profonda e intima.
Gesù attraverso la nostra missione vuole riaccendere l'interesse per il mistero, e portare a consapevolezza il senso della relazione con lui. Gesù vuole provocare una connessione tra la quotidianità e il desiderio di felicità, di pienezza e di senso.
Gesù si propone prioritario nella nostra vita; come cuore della storia; origine del desiderio di vita e di eternità; come anche la forza propulsiva e trasformante degli affetti e dell'amore.
Ma quale può essere oggi l'oggetto dell'annuncio?
Se il mondo si è allontanato da Dio, Gesù ostinatamente ci dice che "è vicino a voi il regno di Dio". È questa vicinanza che 
Gesù ci chiede di vivere, in qualsiasi casa, in qualsiasi città ... "pace a voi". Gesù sogna la ricostruzione dell’umano attraverso mille e mille case ospitali e braccia aperte: l’ospitalità è il segno più attendibile, indiscutibile, della maturità umana.

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