venerdì 6 aprile 2018

Atti 4,1-12 e Giovanni 21,1-14
"Figlioli, non avete a da mangiare?"

Che strane domande fa il risorto? Non poteva chiedere: "figlioli, non avete pescato nulla?  D'altronde era ovvio che erano usciti a pescare, di notte, come si usava fare.
Una notte in cui la fatica e l'impegno nel "fare" non ha prodotto nessuna ricompensa: "quella notte non presero nulla". La pesca infruttuosa, eco di altre occasioni di pesca in cui i discepoli conobbero Gesù. Al non pescare nulla corrispose, all'ora, l'aver trovato un maestro. Ora, dopo la delusione e lo sconforto della morte del Signore, tutto nella vita dei discepoli sembra essere un pescare senza prender nulla. Il dubbio è di aver faticato inutilmente per tanti anni, aver investito in un uomo che non è stato capace di onorare i propri ideali. L'evangelista Giovanni, vuole metterci in guardia dal facile rendicontare la vicenda di Gesù come un fallimento. Giovanni, in quella spiaggia, all'alba di un nuovo giorno, dopo aver faticato inutilmente, ci dice che c'era Gesù in persona, risorto. È il risorto che fa la differenza rispetto al faticare e vivere per se stessi.
Ed ecco che la risurrezione, ci dona ancora una volta il maestro! Il maestro nel segno del pescato miracolosamente si consegna di nuovo si discepoli. Giovanni - l'amato - è il primo a rendersene conto. Questa ricompensa però non è come la prima, nella quale la vita del maestro entrava a fare vita con i discepoli, questa volta la vita del maestro risorto è nutrimento per la vita dei discepoli. Il risorto è il cibo, è la vita del Padre, di cui i discepoli devono nutrirsi per rimanere con Lui, per riconoscerlo ancora e per sempre.

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