sabato 7 aprile 2018

Atti 4,13-21 e Marco 16,9-15
Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato

L'evangelista Marco nella conclusione del Vangelo riepiloga e riassume ciò che è accaduto tra la risurrezione e l'ascensione (uso dei termini liturgici per convenzione e comodità). In realtà ciò che emerge è il profondo turbamento che accompagna i giorni successivi, forse i mesi: i discepoli sono in "confusione" e non sanno come gestire ciò che alcuni di loro affermano, cioè che lo hanno visto vivo, risorto. Ciò che emerge è il dubbio, infatti essi "non credettero". Non credettero a Maria Maddalena, forse dubitarono di lei, vista la sua particolare devozione e il particolare affetto per il maestro. Non credettero neppure ai due di Emmaus, tra i primi ad abbandonare il gruppo, facili all'abbandono facili magari anche a tradirli ... Non dobbiamo dimenticare la pericolosità del momento, la paura di essere perseguitati, la paura di essere catturati e uccisi come Gesù. Eppure ad un certo punto assistiamo ad una svolta nella coscienza del gruppo, una svolta che si esprime nelle parole di Pietro davanti al Sinedrio: "Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato". Ecco che ciò che hanno visto e ascoltato non può essere riferito solo agli anni del loro stare con Gesù, ma la risolutezza - dice Marco - è frutto di un rimprovero del Risorto per la loro durezza, e di una nuova investitura e missione: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura".

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