martedì 15 maggio 2018

Atti 20,17-27 e Giovanni 17,1-11
Parole intime ...

Sul capitolo 17 di Giovanni si sono dette e scritte tante parole ... forse anche troppe. Rileggendo negli anni, e ascoltando, più che nel cercare di capire, cadono molte preconvinzioni, o il tentativo di voler trovare la chiave di lettura di un testo affascinante per quanto "nebuloso".
In questo capitolo, Giovanni sembra essere testimone della preghiera personale di Gesù. Non sono cose dette per essere ascoltate, ma frasi ed espressioni ... un po' come le nostre e quando preghiamo senza usare formule imparate.
Gesù prega, dice, chiede, racconta la sua vita esprime le sue intuizioni, si affida anticipando le sue suggestioni. Questi versetti esprimono tutto il dramma, tutta la preoccupazione del Signore, insieme a una strana consapevolezza: la "Gloria"!
"Alzati gli occhi al cielo ... Padre io vengo a Te ..."
La preghiera del Signore è una proiezione, un orientarsi al cielo, nel desiderio di congiungersi, nel desiderio di essere già nel "mistero" del Padre.
La "gloria", tutto vero quanto detto e scritto in questi anni, ma forse la gloria è la vita stessa del Figlio di Dio; la vita prima della creazione, la vita condivisa nel tempo, la vita da risorto.
La gloria non è quindi solo l'idea della  manifestazione della presenza (Shekinà) o la pesantezza della manifestazione divina (kabod), ma l'esistenza stessa di ciò che è divino la sua stessa vita: "io sono colui che esiste".

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