martedì 5 giugno 2018

2 Pietro 3,11-18 e Marco 12,13-17
Conoscendo la loro ipocrisia ...

La nostra ipocrisia rappresenta il limite maggiore per la nostra conversione al Vangelo. Se è preoccupante e insidiosa l'ipocrita degli scribi e farisei, molto più dannosa è quella di un discepolo. Se la prima si misura all'interno delle relazioni sociali, la seconda si annida nella presunzione di giustizia del senso religioso.
L'ipocrisia maggiore la nascondiamo dentro il nome di "cristiano". Dietro quel nome, santo, giustifichiamo tanto delle nostre durezze, tradizionalismi, rigidità ma soprattutto una sorta di legalismo che nulla ha a che fare con l'insegnamento del maestro. Si potrebbe dire: "cristiani fuori, ma dentro siamo un covo di giustificazioni e atteggiamenti che mirano a garantire noi stessi, i nostri privilegi, le nostre posizioni ... anche quelle ecclesiali ..."
L'unico modo per vincere l'ipocrisia è darsi a Dio, così come lui ci vuole ... Pietro nella prima lettura dice: "fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia ..."; e conclude: "Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo."

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