domenica 17 febbraio 2019

Geremia 17,5-8 / Salmo 1 / 1 Corinzi 15, 12.16-20 / Luca 6,17.20-26
In quel tempo in cui si ascoltava ...

Dice Papa Francesco al n. 27 e 28 della Evangelii Gaudium: "Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione (…), che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. (...) La parrocchia non è una struttura caduca; (...), Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi. La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. (…) Però dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione".

Ecco allora che Le Beatitudini sono il nuovo stile di vita, Gesù le ha lasciate alla Chiesa e a ogni discepolo, perché attraverso di esse, il desiderio di Dio, la voglia di Regno del Cielo, l'entusiasmo del fare e la ricerca della felicità non vengano disattese, non vengano mai meno.
Gesù propone un nuovo lifestyle; le beatitudini mi mettono di fronte al modo in cui Gesù ripensa e guarda la realtà; ma mi accorgo che è diverso dal mio?
Lo stile di vita di Gesù non è facile da condividere ma anzi, richiede un lungo percorso.
Beato se sono povero ... Lo stile di povertà è stile di libertà dai condizionamenti, dagli o obblighi, dalle convenienze ... Gesù dice che questo è lo stile che mi rende felice e attore del Regno di Dio.
Beato se ho fame. Sarò felice se ho fame vera, di giustizia, di verità, di amore. Essere sazio, appagato mi porta solo a nutrirmi di me stesso delle "mie cose". La fame di felicità è fame di Dio ... di Eucaristia.
Beato se piango. Si beato se ho lacrime da spargere e da condividere. Le lacrime purificano le durezze, i peccati e le fragilità; le lacrime rendono gli uomini più umani.
Beato quando subisco la prova della fede. Si, sono beato perché solo a quel punto posso sperimentare quanto è "grande" l'amore che Dio a per te ... Si è strano ma nella persecuzione comprendo quanto Dio mi ama e proprio perché mi ama non mi abbandona nella prova.
Il rinnovamento della chiesa, il rinnovamento delle comunità, il rinnovamento di ciascuno passano attraverso il coraggio di mettere sempre in gioco tutto. A volte occorre fare scelte decise, radicali, farle anche come segno di rottura, anche se non comprese fino in fondo, queste scelte servono per avviare processi nuovi!
Esse aprono a nuovi orizzonti, nuovi cammini. L'importante è non fermarsi a contemplare il si è sempre fatto così.

1 commento:

  1. Che storia è …
    In una serata di maggio Martino e Michela sono assieme ai loro amici in città. Camminare lungo le vie del centro è piacevole, un tiepido vento riscalda la serata anticipando l’estate che sta arrivando. L’uscita è molto divertente e il clima tra gli amici è ottimo. Ad un tratto notano un passante che avanza barcollando in direzione opposta alla loro, il quale, fatto qualche metro in più, cade a terra. Alcuni degli amici non se ne accorgono, altri lo notano ma fanno finta di non vederlo. Martino e Michela, invece, hanno intuito che c’è una persona che ha bisogno di aiuto e decidono di intervenire. Raggiunto il passante si accorgono subito che è ubriaco, che ha esagerato e che deve essere portato a casa. Parlottano un po’ e alla ne decidono di interrompere la loro serata per dedicarsi alla persona da aiutare. Giratisi per salutare i loro amici e per mettersi d’accordo su come fare a ritrovarsi si accorgono che stanno ancora tutti scherzando tranne Giulia. Sulle sue guance scorrono due grosse lacrime e singhiozzando dice: “Io non avrei mai fatto nulla di simile, non avrei avuto il coraggio …”. “Ma no, non fare così. Noi siamo infermieri, sono cose che facciamo tutti i giorni di lavoro …” risponde Martino quasi per giusti carsi. Ma Giulia insiste: “Sì, però ora non state lavorando, non siete tenuti a farlo, siete delle persone di grande cuore. Io l’avrei ignorato”. “Devi considerare che noi abbiamo anche le capacità per aiutare una persona, e poi… anche tu sei sensibile, altrimenti non te ne saresti accorta!” dice Michela. “Un pochino hai ragione, ma non sono convinta. Ne vorrei parlare ancora” aggiunge Giulia. “Va bene, volentieri, ci vediamo dopo!” risponde Michela. Poi si allontanano salutando mentre i loro amici stanno ancora ridendo...

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