mercoledì 24 aprile 2019

Atti 3,1-10 e Luca 24,13-35
Mercoledì dell'ottava di Pasqua
Oltre il velo della morte

Ciò che medito oggi, potrebbe sembrare "sinistro", ma in verità credo sia molto vero; occorre, per fede, oltrepassare il velo della morte, per comprendere la risurrezione del Signore come condizione esistenziale libera da schemi e ritualismi.
Il brano di Luca, quello che conclude il suo Vangelo, è l'esperienza dei due discepoli di Emmaus; questa narrazione, diviene esperienza perenne di ogni discepolo, e di tutta la comunità di fede (la Chiesa) del camminare insieme al risorto, in un progressivo svelamento del mistero attraverso la parola e l'Eucaristia. La Parola, come Profezia che annunciava la pienezza del tempo in Cristo, come pure il Regno dei Cieli, ovvero l'inscindibile relazione di salvezza/amore tra Dio (il Padre) e gli uomini (i figli) che nell'incarnazione del verbo prende forma nel tempo e nello spazio condividendone l'esistenza come vita eterna.
Tutto questo trova eco nella gioia di un ascolto (quello dei due discepoli) che scalda (ardere) il cuore, cioè che riempie e attira, che da consolazione e speranza certa.
L'Eucaristia, gesto del memoriale, ma soprattutto gesto/segno della presenza e del riconoscimento/svelamento del Risorto; un segno assolutamente svincolato dal senso che noi definiamo attraverso una liturgia rituale e di precetto, per garantire moralmente la santificazione di un giorno sacro. Ogni giorno del discepolo è il giorno del Figlio dell'uomo, in cui il Cristo risorto cammina (salva) e accompagna ogni uomo alla pienezza del mistero di amore. Tutto in realtà accade nell'unico giorno del risorto, perché dopo la risurrezione di Cristo, il Signore Gesù è l'unico giorno, per ogni uomo sia che crede, sia che non creda. Emmaus racconta il senso del nostro credere al Signore Risorto, e ci apre alla insondabile bellezza della fede, al di là di ogni velo di morte, quel velo che si è infranto e che Gesù a varcato divenendo in sé stesso il Santo dei Santi: Shekinah e Kabod di Yhwh. 

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