lunedì 1 aprile 2019

Isaia 65,17-21 e Giovanni 4,43-54
Il secondo segno: tu vivi ... io vivo!

A Cana di Galilea, Gesù aveva trasformato l'acqua delle anfore in ottimo vino per la gioia della festa di nozze a cui era stato invitato con sua madre Maria, insieme ai discepoli. Il primo segno rappresenta l'inizio dei segni ... è il principio della fede dei discepoli che "credettero in lui". Il Vangelo di Giovanni si snoda attraverso "i segni", anzi potremmo quasi dire che la narrazione, si addensa attorno a ciò che chiamiamo "i segni". Questo è evidente per i sette segni che caratterizzano i primi didici capitoli, come è vero per il segno della risurrezione di Gesù che catalizza tutto il libro della Gloria; ovvero, la glorificazione di Gesù è l'ottavo segno, il segno che raccoglie i sette precedenti e introduce i discepoli nella pienezza della vita, quella che è di Dio Padre, quella che solo lui può garantirci.
Avere la vita, possederla, abitarla ... a patire dalla fede, dal credere. Gesù ci dona la vita, ce la offre nel suo morire, perché nella morte risorge glorioso...
Ecco che questa sua vita ha le radici nella sua esistenza, nelle relazioni, nelle amicizie, nella famiglia, nel suo essere generato nella carne. Non esiste neppure per Gesù una vita gloriosa a sé stante, separata dalla vita e dall'esistenza nella carne. Il secondo segno compiuto da Gesù ci mette di fronte all'esperienza della fede nella vita gloriosa come realtà che appartiene alla vita come esistenza. La fede non è mai una aggiunta intellettuale, un fine ragionamento, una comprensione di significato. La fede possiamo intenderla come la risposta di ciascuno di noi di fronte alla rassicurante parola di Dio "tuo figlio vive!"; a me piace risuonarla come: "tu figlio mio, vivi!".

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