lunedì 2 settembre 2019

1 Tessalonicesi 4,13-18 e Luca 4,16-30
Saremo con il Signore ...

Una espressione di questi giorni continua a passarmi nella mente: "... essere eletto papa nei primi secoli, era esplicita accoglienza del martirio..."
Credo che questa affermazione non abbia proprio nulla di esagerato, al di là del riscontro rispetto al fatto storico, la testimonianza di fede, del proprio essere Cristiani, e la possibile esperienza del martirio non era certamente da escludersi. Ma questa consapevolezza, certa-speranza, mi impressiona perché si sostiene esclusivamente per il legame che il discepolo ha con il Signore, per come Paolo comunica e condivide il suo essere in Gesù.
Rileggendo il brano di Tessalonicesi, emerge immediatamente, come per Paolo, e quindi anche per le comunità che traggono da lui illuminazione e mediazione, l'essere con Cristo, non appartiene alla sfera della immaginazione e della virtualità, ma è condizione di realtà. Tutto per Paolo è nel necessario compimento in Gesù.
Ciò che anima la vita presente, va ben oltre le prospettive di successo e realizzazione; noi non siamo "tristi come gli altri che non hanno speranza!" 
Il discepolo di Gesù coltiva in sé desiderio e la nostalgia del Signore, non come tristezza ma come attesa di essere con Lui, come speranza di pienezza: "verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore". L'esperienza di Nazareth: l'ascolto della Parola, suscita compiacenza e meraviglia, ma anche rivela il limite della nostra capacità di accogliere il mistero. Ogni nostro tentativo di andare "incontro al Signore" produce un nuovo rapporto col mistero ... ma non necessariamente che il mistero sia svelato.

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