domenica 29 settembre 2019

Amos 6,1.4-7; Sal 145; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-31
Il Signore protegge lo straniero, l'orfano e la vedova ...

Mai Paolo ha parato in modo così perentorio, pur con tutta la conoscenza della sua intransigenza non ci saremo mai aspettati: "... ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo".
Ti ordino di conservare il comandamento ... Di quale comandamento sta parlando se non di amare il prossimo, di amare i nemici, di amare quelli che non vorremo amare ...
Come il Signore ci ha chiesto di fare.
La cosa interessante è che Gesù mai dice ti ordino di amare, ma Paolo invece lo dice!
Di fronte a Timoteo, suo figlio nella fede, da padre e guida si impone per tracciare una indicazione, da Paolo, riconosciuta come irrinunciabile.
Con altrettanta fermezza, l'evangelista Luca ci immerge in una parabola molto nota, che offre tantissimi spunti di rilettura, quella del povero Lazzaro e dell'uomo ricco.
Tante volte, fin da bambino Letta questa parabola, mi nasceva dentro un senso di profonda tristezza e una domanda "perché?".
Perché tanta indifferenza e freddezza verso Lazzaro; perché tanta immutabilità per un destino privo di salvezza?
Mi lascio aiutare dalle  parole del Papa: "... il ricco non era un uomo cattivo, ma era un uomo malato. Egli aveva una malattia in grado di trasformare l’anima delle persone: la mondanità (...) la mondanità anestetizza l’anima, ha detto il Santo Padre, e ci rende incapaci di vedere la realtà. La mondanità trasforma le anime, fa perdere la coscienza della realtà: esse vivono in un mondo artificiale, fatto da loro (...) La mondanità anestetizza l’anima. E per questo, quest’uomo mondano non era capace di vedere la realtà“.
Non era capace di amare Lazzaro, non era capace di comprendere come nella sua vita metteva in gioco tutta la vita, anche quella eterna.
Anche oggi gli uomini, i cristiani mondani, diventano ciechi, vedono solamente dentro la propria vita e così facendo si creano una realtà tutta loro. Una realtà in cui non c'è più spazio per nessuno, è questo il limite di avere il “cuore mondano“: l’essere centrati solo su se stessi, al punto da non riuscire più a “capire la necessità e il bisogno degli altri. Con il cuore mondano si può andare in chiesa, si può pregare, si possono fare tante cose” ma non si è in grado di provare compassione per gli altri ... e mentre si muore nella vita presente alla misericordia, si muore alla salvezza eterna.
La mondanità ci fa insensibili a chi profugo muore nel mare per cercare di raggiungere un porto separato, e non importa se uomo, donna e bambino.
La mondanità ci fa insensibili alle povertà, alle guerre, agli stermini che tuttora continuano ad accadere.
La mondanità ci chiude gli occhi sulla cura del creato e sulle responsabilità ambientali.
La mondanità vi rende superbi e intolleranti rispetto alle diversità, scartate e non comprese.
Vivere in Cristo, riecheggiando queste parole serve proprio per non mondanizzarci, serve come antidoto alla durezza di cuore.

Nessun commento:

Posta un commento