lunedì 16 marzo 2020

2 Re 5,1-15 e Luca 4,24-30
Sul limite del precipizio ... La differenza ...

Un piccolo promontorio poco fuori l'odierna città di Nazareth, chiamato il monte del precipizio, vuole ricordaci questa pagina del Vangelo, nella quale Gesù inizia, drammaticamente, il suo ministero pubblico. Tra le righe della narrazione percepiamo infatti il consumarsi di uno "strappo": "Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino". Anche a Gesù, Dio Padre sembra chiedere un atto di vero affidamento, di autentica disponibilità a compiere la Sua volontà, fin da subito, senza nostalgie e sicurezze fondate sulla esperienza personale, sulla radicalità dei legami affettivi o semplicemente sulla propria storia.
Il ciglio del monte, il limite del precipizio, segna la profonda differenza tra la nostra autosufficienza e l'affidamento pieno. Ciò che Gesù sperimenta a Nazareth è solo l'inizio, di ciò che si compirà pienamente sulla croce, quando guardando i suoi crocifissori, Gesù dice: "Padre perdonali perché non sanno quello che fanno!" ... Quanto profonda è l'esperienza del distacco, del rifiuto dell'incomunicabilità ...
Tutto si compie a partire dall'affidarsi alla volontà di Dio, non per fatalismo o per rinuncia alla propria possibilità, ma come adesione alla salvezza, alla percezione di un amore grande, che Dio Padre buono compie e realizza anche attraverso la nostra libertà e il nostro affidarci a Lui. È l'affidarci che fa la differenza! Non è debolezza, non è rinuncia, non è paura ... Ma fidarci del poter essere tra le "braccia" di Dio. Rinunciare alle sicurezze per essere accolti nelle braccia di Dio: è come avere la certezza che sul limite del precipizio anche se si fa esperienza di paura e di morte, la consapevole promessa della presenza di Dio Padre, che ti prende fra le sue "braccia", fa la vera differenza.

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