sabato 28 marzo 2020

Geremia 11,18-20 e Giovanni 7,40-53
In tutto ... A te mi affido o Signore ...

Il clima politico e religioso che caratterizza, secondo l'evangelista Giovanni, il tempo in cui Gesù, salito a Gerusalemme, progressivamente rivela attraverso di sé la gloria del padre - cioè afferma il Dio con noi, attraverso la sua persona e le sue parole -, è un clima di confusione e smarrimento. Proprio quando anche i capi si sentono prossimi a mettere le mani su di lui - "Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?" - anche quella possibilità sfuma - "E ciascuno tornò a casa sua" -. Ma nel cuore di quella gente ritenuta incolta e senza Dio, al punto che i loro stessi capi dicono - "Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!" - l'incontro con Gesù e l'ascolto delle sue ostile hanno acceso desideri sopiti, e attese ormai insperate: "Costui è davvero il profeta! Altri dicevano: Costui è il Cristo!". La gloria del padre si manifesta anche lì dove regna la confusione e il dissenso dell'umano. È dentro il nostro intimo che oggi va cercato il Padre. In questo spazio ristretto delle nostre abitazioni, il nostro cuore rappresenta lo spazio senza limiti in cui ritrovare la vicinanza di Dio. Nella scarsità dei contatti umani e di amicizia possiamo sentire il desiderio di un amico caro, come pure il desiderio di Gesù. Nella vicinanza a chi da settimane ci è accanto riconosciamo il senso della prossimità come antidoto alla solitudine e all'abbandono. Signore - dice il salmo 7 -, mio Dio, in te ho trovato rifugio: (...) Il mio scudo è in Dio: egli salva i retti di cuore; cioè chi non lascia  indurire il proprio cuore nella meschinità del male.

Nessun commento:

Posta un commento