mercoledì 4 marzo 2020

Giona 3,1-10 e Luca 11,29-32
La nostra vita e il mistero che è Dio

Si, Dio è mistero, nonostante qualsiasi tentativo di conoscerlo, indipendentemente dalla teologia, dalla ragione e dalla spiritualità ... Dio resta sempre mistero, ovvero, si rivela e si fa conoscere ma resta in tutto velato. Anche la piena rivelazione cristiana, in Gesù, non annulla la dimensione del mistero che la "Gloria" continua a possedere. Questo è ciò che permette all'uomo l'esperienza della libertà, in ragione della esistenza come uomo, e a Dio la sua manifestazione come volontà e possibilità che non schiaccia ma assume la libertà dell'uomo. Dio non si sostituisce, Dio non si sottomette, Dio non prevarica, ma nel suo esserci si manifesta nel nostro esserci; la sua libertà si rivela nella relazione con la nostra libertà, così pure la sua volontà non si oppone alla mia personale volontà, ma nella relazione di fede, tutto è integrato. Questa strana riflessione o a cosa serve?
Serve ad accompagnare e a tenere insieme l'esperienza di Giona profeta, in una città, Ninive, segnata dal peccato e dalla indifferenza verso Dio, nella quale il grido di Giona richiama a conversione, e trova eco e accoglienza (immagine della predicazione profetica dell'Antico Testamento); unitamente alla esperienza di Gesù, che sperimenta il rifiuto e la chiusura, da parte della sua gente che non accoglie, e non si lascia scalfire il cuore, cioè non si converte: "Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno ..."
Non credo dobbiamo scandalizzarci di fronte alla mancata conversione, specialmente se pensiamo alla conversione come un ritorno di massa a Dio, immagine di una realtà e società teocratica. Con Gesù, e in Gesù, Dio Padre rivela il senso del segno di Giona. Giona non è un segno di potenza, ma di contraddizione. Giona è segno quando, accompagnato da Dio, fa della volontà di Dio la sua volontà. Gesù è segno efficace, perché il rifiuto e la durezza di cuore non impedisce a Dio di entrare in quella storia e di esserne il segno che contraddice la stessa durezza del cuore degli uomini: "Dio è amore e la sua tenerezza di Padre è rivelata nel segno che è Gesù, indipendentemente dalla evidenza e potenza del Segno". La rilevanza del Segno si sperimenta nel cuore e nella fede, non più nel timore di una predicazione che potrebbe avere il sapore di una propaganda. Gesù sarà Segno per me, quando sarò disposto ad accoglierlo come crocifisso, umiliato, ferito è morto ... Eppure quel segno inerme è ciò che vince il mio male e la mia morte. Ma un segno così mi soddisfa? Può un segno cosi fatto trovare accoglienza nella mia vita? Può un segno cosi rivelarmi il mistero di Dio che mi accompagna?

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