domenica 2 maggio 2021

Dalla vera vite alla vera vigna.

At 9,26-31; Sal 21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8

Un Vangelo, ovvio per l'immagine e la famigliarità che in campagna si ha, per la coltivazione della vite. Ma il testo del non si limita ad esortare i discepoli a portare molto frutto, ma a prendersi a cuore, a indagare come fare a essere tralci uniti a Cristo che producono un frutto abbondante.
Ecco allora che questo testo/immagine - metafora di Gesù vite e noi tralci - parla della nostra comunione con Gesù, in cosa consiste e come si fa concretamente questa unione. Gesù è la vite vera, di cui Dio, il Padre, si prende cura con amore e che produce il frutto sperato, altrettanto amore. Nella metafora, rimanendo uniti a Lui, riceviamo le stesse cure, lo stesso amore di misericordia di Dio e produciamo lo stesso amore per il Padre e per i fratelli.
È con questa chiave di lettura che possiamo accostarci a rendere attuale questa Parola: approfondiamo la nostra unione con Gesù - vera vite - in modo che anche noi possiamo realizzarci come figli di Dio, nel produrre un frutto abbondante di amore, un amore che si percepisce fraterno e fonte di gioia relazionale.
Detto questo sembra tutto chiaro e, come dice Papa Francesco: " Gesù è la vite, e attraverso di lui - come la linfa nell'albero - passa ai tralci l'amore stesso di Dio, lo Spirito Santo. Ecco: noi siamo tralci, e attraverso questa parabola Gesù vuole farci capire l'importanza di rimanere uniti a Lui. I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite, in cui si trova la sorgente della loro vita. Così è per noi cristiani"; ecco allora come bene risuona quel "Rimanete in me e io in voi ...".
Però non basta essere battezzati per rimanere uniti a Cristo - questo lo vediamo bene -, non è neppure sufficiente andare a Messa tutte le domeniche e osservare tutti i comandamenti, capiamo che l'unione con Cristo non è una formalità religiosa.
L'immagine del rapporto personale Gesù vite e noi tralci si moltiplica e dilata in una immagine plurale: Gesù vera vite e noi suoi tralci diventiamo la sua vigna; è la vigna del Signore che produce i frutti sperati di amore, e di fratellanza. 
La verifica del nostro essere uniti a cristo non è data dalla nostra valutazione soggettiva, ma si concretizza e si realizza nell'essere vigna, nell'essere Chiesa, cioè comunità dei discepoli di Gesù.
Un discepolo può credere in Cristo, ma questo rapporto personale non è fine a se stesso; non può rimanere in se stesso. La sua unione, si manifesta nella sua appartenenza a Gesù cioè dell'essere Chiesa, nell'essere "vigna".
La Chiesa, la comunità dei discepoli, ma anche la nostra comunità è mistero di quell'amore di Dio che la vera vite - Gesù - condivide con i tralci e che si manifesta nei frutti abbondanti e buoni.
Per comprendere la necessità di questa appartenenza vi leggo una storia di Bruno Ferrero.

È possibile amare Gesù e non la Chiesa che egli ha voluto, fondato e amato. Né i suoi errori e limiti possono farci dimenticare che Dio la ama, la edifica e ha cura di essa instancabilmente e nonostante le sue fragilità che, a ben vedere, sono quelle di ogni uomo.
Il tralcio e la vite, è l'immagine di Gesù con ogni discepolo, ma anche con la Chiesa vigna; con ogni battezzato tralcio, e ancor di più con ogni uomo.
Un giorno un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: “Maestro, tutti noi sappiamo che tu vieni da Dio e insegni la via della verità. Ma devo proprio dirti che i tuoi seguaci, quelli che chiami tuoi apostoli o la tua comunità, non mi piacciono per niente.
Ho notato che non si distinguono molto dagli altri uomini. Ultimamente ho fatto una solenne litigata con uno di essi. E poi, lo sanno tutti che i tuoi discepoli non vanno sempre d'amore e d'accordo. Ne conosco uno che fa certi traffici poco puliti ...
Voglio perciò farti una domanda molto franca: è possibile essere unito a te senza avere niente a che fare con i tuoi cosiddetti apostoli?
Io vorrei seguirti ed essere cristiano (se mi passi la parola), ma senza la comunità, senza la Chiesa, senza tutti questi tuoi discepoli!”
Gesù lo guardò con dolcezza e attenzione. “Ascolta”, gli disse ti racconterò una storia.
C’erano una volta alcuni uomini che si erano seduti a chiacchierare insieme. Quando la notte li coprì con il suo nero manto, fecero una bella catasta di legna ed accesero il fuoco. Se ne stavano seduti ben stretti, mentre il fuoco li scaldava ed il bagliore della fiamma illuminava i loro volti. Ma uno di loro, ad un certo punto, non volle più rimanere con gli altri e se ne andò per conto suo, tutto solo. Si prese un tizzone ardente dal falò e andò a sedersi lontano dagli altri. Il suo pezzo di legno in principio brillava e scaldava, ma non impiegò molto ad illanguidire ed a spegnersi. L’uomo che sedeva da solo fu inghiottito dall'oscurità e dal gelo della notte. Ci pensò un momento, poi si alzò, prese il suo pezzettino di legna e lo riportò nella catasta dei suoi compagni.
Il pezzo di legno si riaccese immediatamente e divampò di fuoco nuovo. L'uomo si sedette nuovamente nel cerchio degli altri. Si scaldò ed il bagliore della fiamma illuminava il suo volto”. Sorridendo, Gesù aggiunse: “Chi mi appartiene sta vicino al fuoco, insieme ai miei amici. Perché io sono venuto a portare il fuoco sulla Terra e ciò che desidero di più è vederlo divampare”.
Non è possibile restare uniti a Cristo da soli, rischieremo solo di inaridirci, di finire nella tenebra della nostra notte. Restare nella luce, al calore del fuoco dello Spirito è vivere fino in fondo una vera appartenenza alla Chiesa.
Questa è una scommessa, ma anche la vera proposta che Gesù fa ad ogni uomo e donna, ed è la garanzia di essere suoi tralci, perché la Chiesa è veramente sua, mistero del suo amore.

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