domenica 23 maggio 2021

Pandemia ... Eppure è Pentecoste!

At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,13-15



Scrive L’Osservatore Romano: Le Chiese vuote, in Italia i “praticanti” sono scesi in dieci anni dal 33% al 27%; tra i giovani (18-29 anni) i praticanti sono solo il 14%, e continuano a calare di quasi il 3% l’anno». 

Le motivazioni consuete non riescono a dare nessuna risposta soddisfacente; neppure attribuire responsabilità alla Chiesa conservatrice o progressista ... giustifica la situazione di attuale abbandono ... Ma allora tutto questo cosa significa?

Qualcuno azzarda dire che la crisi attuale delle “Chiese vuote” viene da lontano, inizia quando le chiese erano piene, viene dagli anni ‘50, da una chiesa militante, tosta nella dottrina, influente sulla vita politica, ma ugualmente una Chiesa che non catturava più il cuore e le menti di gran parte delle giovani generazioni.

Una chiesa che non ha attrattiva, che non cattura il cuore, che non ha parole capaci di entrare nella vita, di entrare nel confronto e nel dialogo con le problematiche del mondo contemporaneo. Ora non diamo la colpa alla pandemia per giustificare l’esodo attuale ... Questa è stata solo una spallata ... 

Ma la Chiesa da dove è partita? La Pentecoste è l'inizio della Chiesa ...

L'immagine è suggestiva, gli apostoli sono ancora insieme, si ritrovano timorosi, di nascosto, senza fare clamore, attenti a non suscitare le reazioni dei capi del popolo e del Sinedrio. Hanno paura; negli occhi e nel cuore risuonano ancora  le parole e le grida e ciò che accadde quella notte in cui Gesù veniva catturato ... Il loro silenzio dice tutto il loro sgomento per ciò che era accaduto e per ciò che poteva loro accadere. Si sono riuniti, di nascosto, ancorar una volta in quel cinquantesimo giorno. Neppure stare insieme al Risorto, neppure l'invio in missione, sembra aver vinto la paura e riacceso il coraggio.

Forse anche noi oggi, dopo due anni in cui l'epidemia virale ha umiliato le nostre certezze e offuscato le aspirazioni; ha limitato i nostri gesti e nostri sentimenti; ci ha tolto parte della libertà ... ci sentiamo impauriti e smarriti.

Abbiamo visto venir meno tanti amici, abbiamo visto che tanti altri non vivono più la comunità di fede; e che il ritrovarsi virtuale non garantisce la comunione; altri poi, che si sono allontanati e non faranno più ritorno nella Chiesa ... Sembra che tutto segni ormai in declino. Ma noi che siamo rimasti abbiamo parole per annunciare che il Signore è risorto? Che Dio ha vinto la morte e che le tenebre sono come luce, che l’amore di Dio riempie ogni cosa?

Ci occorre proprio una nuova Pentecoste!?

Forse ci siamo dimenticati che Gesù ha detto che manderà il Paraclito, il consolatore. Pentecoste significa proprio questa venuta, è necessario che Gesù vada al cielo per poter mandare lo spirto consolatore!

È proprio in questa fatica che viviamo, in questa fase di transizione della Chiesa che Gesù suscita lo Spirito di verità lo Spirito dell'amore ... è la rinnovata Pentecoste.

È in questa limitazione; è in questa ostinata ripresa; è in questa ricerca di normalità dove tutto non sarà più come prima ... che la realtà si rinnova e rinasce come conseguenza dell'esperienza vissuta. Gesù, attraverso l'esperienza di Paolo, ci invita ora e di nuovo a camminare secondo lo Spirito!

Camminare nello Spirito non è l'eco di una antica predica apostolica ma è la vera sfida di chi vuole testimoniare la propria fedeltà al Signore, il proprio desiderio di amore e la pienezza di vita che lo Spirito suscita in coloro che si affidano al Padre.

Oggi più che mai possiamo camminare, cioè andare avanti secondo lo Spirito, vivendo fino in fondo quel frutto che è la nostra vita quando accoglie il dono di Dio: "il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé".

Ecco che la Chiesa, i credenti sempre fanno esperienza del turbamento, della codardia, ma è proprio e solo da loro, per il frutto dello Spirito che può scaturire come sorgente di acqua viva la forza della testimonianza e il coraggio di parlare.

La forza di testimoniare il Signore Gesù, morto in croce, sepolto e ora risorto vive; e il coraggio di raccontare la buona notizia del Vangelo: Dio Padre ci ama, ha tanto amato il mondo ... E che attraverso noi stessi non smette mai di amare.

Che cosa d'altronde Papa Francesco ci ripete con insistenza se non riproponendoci la tenerezza di Dio?

Il Dio della tenerezza non è un Dio sdolcinato, ma il Padre che si prende a cuore i suoi figli, tutti i suoi figli e le loro fragilità, camminando insieme a loro.

Questo Padre si manifesta nella Chiesa e quindi anche nei suoi pastori, i quali non esprimono tenerezza se sono freddi burocrati, funzionari del rito, bottegai dei sacramenti. Tutto questo rende le Chiese vuote ...

La dimensione affettiva, oggi, dice quale ambito dell'esistenza umana è quella in cui costruire ed edificare relazioni efficaci e vere, dove tutti i battezzati possano ci dividere insieme relazioni vere e soprattutto nuove, non solo gerarchicamente costruite ... Ma vissute in comunione ... Forse anche a questo mira la riforma del cammino del Sinodo dei vescovi? Un altro tassello del dialogo tra chiesa e mondo ... Chissà dove ci porta lo spirito …nel rinnovare la faccia della terra …



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