lunedì 3 maggio 2021

Deve essere veramente morto!

1 Cor 15,1-8 e Giovanni 14,6-14 - Festa dei Santi apostoli Filippo e Giacomo il minore


Paolo non si perde in tanti giri di parole, la sua esperienza di Gesù parte dal suo essere un persecutore dei discepoli del Nazzareno. Persecutore dei discepoli di un uomo, che per Saulo - a quel tempo - era morto in croce. Su questo non ci sono dubbi o incertezze. 
Ed è proprio questo il punto in cui in un certo momento della sua vita, troviamo Saulo di fronte a un uomo che riconosce come il Nazzareno, ma che lo riconosce vivo. È a partire da quella esperienza che Saulo diventa Paolo e inizia a tessere la sua testimonianza di fede in Cristo. Non è solo una semplice testimonianza, ma si tratta di una vera e propria "professione di fede", articolata e teologicamente strutturata.
Certamente il contesto della lettera: la comunità di Corinto, proveniente dalla cultura greca e pagana, in cui le filosofie della separazione del corpo dallo spirito, segnano profondamente l'accesso al discepolato di Cristo, sono lo sfondo giustificativo di un contenuto così chiaro della fede nella risurrezione. Ma ciò che mi tocca ora, personalmente, è come Paolo non si pone come un super maestro che insegna una nuova dottrina, ma come un uomo che ha fatto una esperienza, uno che ha ricevuto un "dono", del quale non può che condividerlo con i suoi amici e fratelli. È lui stesso che nel fare questa professione di fede, raccoglie le esperienze le testimonianze di tutta una comunità; ma non solo, egli stesso aggiunge particolari che ci confermano come la risurrezione si impone come evento reale e non di pensiero intellettuale: "In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta ...".
Paolo ci sta dicendo che se è vero che alla risurrezione si accede per fede, è pure ugualmente vero che la risurrezione di fonda su testimonianze di avvenimenti della storia, realtà che ha da parte sua un proprio valore.

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