lunedì 31 maggio 2021

Dalla Galilea alla Giudea per un cantico di gioia.

Sofonia 3,14-18 e Luca 1, 39-56


Possiamo spiegare in molti modi il viaggio che porta Maria da Nazareth, in Galilea, alle vicinanze di Gerusalemme, i monti della Giudea. A me piace sottolineare la curiosità di Maria per verificare la riprova della Parola che ha ricevuto: anche Elisabetta attende in grembo un figlio, lei che era detta sterile ... Ma anche la necessità di raccontare, di confrontarsi, di non tenere solo per sé quanto è accaduto a Nazareth in forza delle parole dell'angelo: lo Spirito ti coprirà con la sua ombra, è colui che narra sarà santo, sarà il Figlio di Dio. Una ragazza di 16 anni o poco più come potrebbe reagire diversamente di finte al contenuto di tali parole?
Ecco che quel cammino è un itinerario di condivisione e di conferma; di affidamento a quella Parola, logos di Dio, che in un modo sorprendente ha percorso e incontrato le vie dell'umano, e ha preso dimora in mezzo a noi proprio nel segno più intimo e originario della nostra umanità: si è fatta carne nel grembo di Maria. Ma è anche la stessa Parola che annuncia il concepimento nel grembo di Elisabetta; come è la stessa parola gioiosa che scaturisce dalle labbra di Elisabetta e nel contempo sprigiona in Maria una lode profetica all'Onnipotente. È un cammino umanamente necessario, per riconoscere la vicinanza e l'intima comunione con Dio Padre che così porta a compimento la salvezza, ovvero la nostra pienezza; con il Figlio che si fa carne, e proprio dalla carne condivide tutto di noi, non scarta neppure il nostro peccato; con lo Spirito, che costantemente si rivela e rinnova negli slanci di gioia che l'amore sprigiona.

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